lunedì 17 ottobre 2011

Gita escursionistica in Val di Cogne

Ho sempre sentito parlare della Val di Cogne come di un paesaggio fantastico, un ambiente naturalistico unico con un microclima tutto particolare. E poi, una vista sul Gran Paradiso davvero paradisiaca. Cima del Gran Paradiso che io ho raggiunto durante gli anni del Poli salendoci da un altro versante.
Purtroppo Cogne è diventato tristemente famoso per il delitto della Franzoni e così nell’immaginario lo sguardo è dirottato alla ricerca della villa degli orrori piuttosto che alla valle.
Anche per me, quando sono entrato in Val di Cogne, il primo istintivo pensiero è stato: chissà dove si trova la villetta. Subito dopo l’incanto delle casette in pietra coi tetti in ardesia, e la vista del Gran Paradiso mi hanno riportato verso una realtà più positiva e affascinante.
La gita, fatta con gli amici della Giovane Montagna di Milano prevedeva una lunga escursione che partendo da Valnontey toccava il rifugio Vittorio Sella, proseguendo in quota, i casolari dell’Herbetet e quindi tornava indietro attraverso il fondovalle. Il percorso è molto lungo ma facilmente accessibile e godibile da tutti, magari fatta a tappe.
La vista sui monti è fantastica, l’incontro con i camosci e gli stambecchi è molto ravvicinato.
Personalmente la vacanza ha acquisito un gusto particolare perché ho avuto modo di confrontarmi per parecchio tempo con un alpinista vero, Renzo Quagliotto, uno che ha fatto cose mirabili, ha aperto molte vie su ghiaccio e che ha scritto qualche libro sulle vie percorse. Un personaggio molto carismatico ma assai umile, che ha avuto modo di conoscere personaggi come Bonatti, Airoldi, Corti, Compagnoni e Lacedelli. Mi ha raccontato che il mondo dell’alpinismo non è solo passione ma anche arrivismo e cattiveria e lui ne ha fatto le spese: alcune vie che lui ha aperto, nella letteratura alpinistica e nelle guide del CAI riportano il nome di qualcun altro che è stato più abile nel farsi intitolare la via. Ma Renzo, come mi ha più volte ripetuto, ha compiuto le sue imprese per una forte passione verso l’arrampicata su ghiaccio, che in lui s’è generata sin da bambino quando in tempo di guerra (la 2° guerra mondiale) la sua mamma portava i figli in montagna per proteggerli dai bombardamenti anglo-americani.
Nelle due ore abbondanti in cui gli sono stato dietro, perché pur avendo settantatre anni era lui il leader e pertanto guidava, ho cercato di carpire ogni suggerimento, ogni indicazione e non perdere un solo passo che compiva per capire come si muoveva.
E’ stato un training!!
E’ una fortuna avere accanto dei maestri e in questi casi è un piacere essere l’alunno.
Siamo ritornati al parcheggio dopo 7 ore di cammino (il dislivello superato era di solo 1000m!) ma sarei rimasto ancora a sentirlo parlare.














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