martedì 4 maggio 2010

Le avventure del dott. Sapuppo n.8

Quella stessa sera anche l’Etna fece festa. Per lei, amorevolmente chiamata A Muntagna, fare festa significava tremare, fumare, eruttare.
In un paio d’ore, il vulcano fece quello che di solito richiede qualche giorno. Una leggera ma intensa scossa di terremoto, quindi una densa fumata con una lunga colonna di cenere, infine, nelle primissime ore del mattino cominciò l’attività eruttiva. Tutto partì e si svolse ad alta quota, a partire dal cratere di 3065 m, ma la colata, come sempre viscosa e lenta, fu carica di magma. Uno spettacolo in quella notte stellata vedere una lingua di fuoco che spuntava dal nero del vulcano!
Ma i catanesi e i loro vicini ci sono abituati ai terremoti e alle eruzioni dell’Etna. Basta pensare che la stessa città è stata distrutta sette volte e otto volte ricostruita nella stessa area.
Testardi ‘sti catanesi! O legati fino in fondo alla loro terra e alle loro tradizioni?
Ma la fumata fu oltre ogni peggiore previsione: il pennacchio di fumo che si erge dal cratere rende scenografico il vulcano, significa che è vivo e sta bene. Di solito si vede da notevole distanza, e se c’è il cielo terso già dalle Madonie si coglie la particolarità della colonna di fumo e a seconda di dove è orientata si capisce da dove tira il vento. Stavolta, però, dal satellite non si vedeva la Sicilia ma una macchia scura che copriva l’isola, Lampedusa, Linosa, Malta, la Tunisia, l’Algeria e si dirigeva velocemente verso la parte orientale del bacino del Mediterraneo. In poche ore sarebbe arrivata fino in Turchia.
La cenere, fine come il borotalco, è affare assai delicato da trattare.
Una volta caduta a terra rende la superficie scivolosa, come se si camminasse sul sapone o sul ghiaccio. Sulle strade è vietata la circolazione dei veicoli a due ruote, la velocità delle auto è ridotta a 40km/h, i marciapiedi, soprattutto per i gli anziani e per i bambini si trasformano in vere e proprie rampe di lancio. Le cadute sono, purtroppo, frequenti, e in quei giorni il lavoro per il pronto soccorso degli ospedali aumenta all’improvviso.
Purtroppo non esistono gli spazzaceneri, e pertanto si puliscono le vie con gli automezzi lava strade. La prudenza è l’unica arma per combattere i pericoli della cenere.
Inoltre, la cenere, è corrosiva e pertanto ogni buon automobilista deve velocemente lavare la macchina una volta che è finita la pioggia di cenere.
Ma il silicio contenuto nella polvere la rende anche abrasiva, per cui se la cenere impatta con un corpo a velocità tende a levigarlo. Succede così agli aerei, le cui turbine, in particolare sono a rischio.
Quella sera, ne cadde così tanto che sia la IATA che l’ENAC furono costretti a bloccare il traffico aereo su tutta l’area del bacino del Mediterraneo, da est a ovest, dalle Alpi al Sahara.
Fu così che l’indomani, quando Agatino si presentò con tutta la processione di parenti e vicini di casa, all’aeroporto di Fontanarossa, trovarono un caos enorme di persone che non sapevano se partivano o se restavano. Le notizie che si susseguivano erano molteplici, anche contraddittorie, ma nessuna ufficiale. Questo creava tensione e malcontento e ci volle poco perché a qualcuno si riscaldassero gli animi. Le forze dell’ordine presenti riuscirono a calmare i più esagitati.
Agatino, era in mezzo a tanta gente, circondato dai “suoi” fedeli. Ma gli mancava una persona. Si tendeva il collo, per essere più alto degli altri, e vedere il più lontano possibile. Ma non scorgeva il profilo che desiderava.
Possibile? Ha vissuto un sogno? Erano parole al vento?
La sua testa, come sempre tendeva ad andare per la tangente, ma il suo cuore lo teneva fermo sulle sue certezze. Se Paola non c’era un motivo doveva esserci, e non valeva la pena perdere tempo con illazioni e dubbi insignificanti.
Nella calca del momento, il cellulare di Agatino cominciò a suonare. Ad ogni numero di donna, aveva associato, come suoneria il ritornello della canzone “Certe notti” di Ligabue, al numero di Paola, invece, il ritornello della canzone “Mi sei scoppiato dentro al cuore” interpretato da Mina. E infatti, questo fu il suono che si cominciò a sentire.
D’improvviso, il cuore di Agatino cominciò a pulsare che sembrava scoppiasse davvero, e le dita delle mani cominciarono a tremare che a fatica riuscì a schiacciare il pulsante “rispondi” del cellulare.
“Pronto?”, disse Agatino ben sapendo con chi parlava
“Ciao Amore mio!”, rispose una voce delicata dall’altro lato
“Avrei desiderato tanto che fossi qui a salutarmi”, ribattè Agatino un poco imparpagliato.
“Ma tanto non parti!”, proseguì gioiosa Paola.
“Come fai a dire questo?” chiese Agatino
“L’ho sentito stamattina in TV. Infatti mi stupisco che tu sia all’aeroporto!. Hanno chiuso lo spazio aereo fino a domani sera, per i rischi che provoca la cenere!” spiegò Paola.
“E ora come faccio? Dovevo tornare a lavoro, domani c’era una riunione importante,…” cercò di farfugliare Agatino, “…ma così ho modo di porterti rivedere, vero?”
“Certo! Ci vediamo a pranzo più tardi” concluse Paola.
Finalmente giunse il comunicato ufficiale dell’Enac: “Si informano i gentili passeggeri in volo da e per Catania, che a causa della presenza in cielo di cenere proveniente dall’Etna, tutti i voli sono stati cancellati fino a domani alle ore 24. L’Enac, entro domani pomeriggio, a seguito di verifiche e accertamenti in volo delle condizioni di sicurezza dei cieli, si riserva di dare ulteriori sviluppi della situazione. Siamo spiacenti per l’inconveniente ma le cause non sono da addebitarsi al sistema di trasporto aereo”
Il comunicato fu trasmesso con gli altoparlanti in tre lingue: italiano, inglese e spagnolo.
Una comitiva di francesi, presenti in aeroporto in attesa di imbarcarsi per Parigi dopo una settimana di scialo in Sicilia, insorse perché non fu ripetuto il comunicato anche in francese, l’unica lingua a loro modo, degna di rispetto mondiale.
Una volta!!
Agatino e tutto il suo seguito, si rimise in cammino, con devoto silenzio dietro il mancato viaggiatore verso il parcheggio delle automobili.
In realtà, la circostanza non turbava più di tanto il dott. Sapuppo, che all’idea di potere trascorrere ancora un giorno in compagnia di Paola, dimenticò velocemente il lavoro, il meeting e tutti i casini che aveva lasciato in azienda.
Come promesso, Paola, si palesò all’ora di pranzo a casa di Agatino. Aveva chiesto al suo datore di lavoro, l’Avv. Pietro Sanfilippo, noto civilista del foro catanese, un a pausa pranzo più lunga del solito….motivi di famiglia.
Agatino, l’ha chiesto per….motivi di famiglia!! Inteso?
Si presentò con un cappotto grigio, lungo oltre il ginocchio, un cappello a falda grigio, sciarpa di cashmire grigio. Sotto il cappotto indossava un tailleur blu con camicia bianca e uno stivale con tacco da 8 cm.
Gli abiti erano griffati, ma fossero stati di merceria, su quel corpo bello e slanciato non avrebbero sfigurato.
Una vera professionista, non c’è che dire!
Agatino, al contrario, quel giorno, potenzialmente di viaggio, indossava un jeans azzurro e una polo arancio, con una felpa sportiva sopra. Per scarpe, come sempre in inverno, usava per il tempo libero quelle da trekking.
Vista la differenza di stile, Agatino, provò a chieder qualche minuto per andarsi a cambiare, ma Paola lo bloccò subito. Quello che conta è il contenuto non il contenitore.
Decisero così di uscire, con Agatino che interpretò subito la parte del body guard sportivo a guardia della vip.
Andarono in una semplice trattoria che Paola conosceva bene, perché c’era andata parecchie volte coi suoi amici, e dove Agatino una volta quando era giovane aveva svuotato, per scommessa, parecchie bottiglie di vino tornandosene poi a casa ubriaco come una spugna.
Ma erano altri tempi!
Gustarono con calma, tranquillità e letizia un bel piatto di spaghetti alla norma e una fetta di pesce spada fresco marinato, accompagnati da un fresco vino bianco prodotto alle pendici dell’Etna.
Parlarono tanto, di tutto e di tutti, della loro vita passata, della presente e della futura. Si confessarono desideri e angosce.
Ma soprattutto si guardarono tutto il tempo negli occhi.
E quegli occhi parlavano!!
Avrebbero potuto anche tacere e gustarsi solo il pranzo: gli occhi avevano tessuto una tela che le parole difficilmente erano capaci di creare.
L’azzurro scuro degli occhi di Paola contrastava con il marrone degli occhi grandi di Agatino, ma assieme creavano una unità: cielo e terra si incontravano. I colori della loro amata Sicilia erano lì, seduti di fronte, nel lembo di una tovaglia a quadri di una piccola trattoria di San Giovanni Licuti.

Nessun commento:

Posta un commento