venerdì 24 luglio 2009

Il capitale umano

Venerdì scorso nella mia azienda è stato offerto da parte del management un aperitivo per festeggiare un traguardo storico e importante.
Da un indagine effettuata nel 2007 a cura del Great Place to Work Institute, l’azienda è stata inserita tra le 100 dove si lavora meglio in Italia (pubblicazione "LE 100 AZIENDE DOVE SI LAVORA MEGLIO", edito a Giugno 2009 da Guerini & Associati e distribuito su scala nazionale insieme ad Italia Oggi).
Questa notizia ha fatto piacere a molti, me compreso, che qui lavoro da 4 anni. Parlando, comunque, coi colleghi, non sono mancati coloro, tanti, che hanno avuto però da ridire mettendo in dubbio la efficacia dei criteri usati per realizzare il sondaggio, qualcuno ha ipotizzato anche la pubblicazione dietro pagamento, tutti concordi sul evidenzare le lacune organizzative che la struttura ha.
Di fronte a queste affermazioni, personalmente, non ho avuto il coraggio di negare ma ho affermato che nonostante questo abbiamo la fortuna di operare in un ambiente che tutto sommato è interessante.
Per l’occasione del momento di festa il direttore del personale ha preparato uno speech di cui mi ha colpito particolarmente un passaggio: “….ciò che davvero contribuisce a creare un ambiente di lavoro sano, allegro e stimolante è l’impegno individuale di ogni persona, che ha un valore unico ed irriducibile. Solo partendo dal riconoscimento e dalla valorizzazione della persona nella sua unicità permette il fiorire di un impegno serio nel lavoro, di un’etica responsabile e vera nei confronti dell’attività che si è chiamati a svolgere, di qualsiasi tipo essa sia…”
Io non so con quale spirito il manager abbia citato tali parole, se perché ci crede veramente o perché abbia preferito “stimolare e conquistare” i collaboratori. Non sta a me giudicare le intenzioni!! So di certo, che le parole che ho udito hanno fatto scattare in me una molla: concordo pienamente con quanto il manager ha detto.
Oggi, in un mondo in crisi, non solo per l’economia che boccheggia, ma per la mancanza di valori di riferimento e di ideali da raggiungere, il valore della persona è il solo valore aggiunto di un’impresa.
L’unico che permette di distinguersi dalla massa.
Il discorso del manager, però, non trova, secondo me, pieno conforto con quanto ho sentito al mattino in occasione di una riunione generale di vendita a cui siamo stati invitati a partecipare tutti coloro che operiamo in ambito commerciale.
In una delle slides, parlando di azioni da attuare per contrastare la crisi economica, si diceva che bisogna puntare sull’Innovazione, in particolare sull’innovazione dei sistemi di vendita, sugli strumenti per rendere più efficiente la struttura, sull’accorpamento di settori e reparti, sulla ottimizzazione dei criteri di gestione dei clienti, sulla formazione sui processi e sulle tecniche…..
Nulla da obiettare, se c’è la crisi, un rimedio bisogna trovarlo perchè si possa almeno sopravvivere. Non mi permetto di criticare quanto i manager con intelligenza e responsabilità hanno pensato e organizzato, ma cerco di andare oltre.
L’uomo, dov’è l’uomo?
Un po’ di tempo fa ho letto un libro curato dal prof. Giorgio Vittadini dal titolo "Il capitale umano, la ricchezza dell’Europa” in cui mi ha colpito un passaggio che, secondo me, va un po’ più in la di quanto ho sentito in occasione della riunione di venerdì.
A pag. 137 di tale libro si dice: "Il principale soggetto dell’innovazione è dunque la persona. Più delle conoscenze, comunque necessarie, abbiamo visto che conta la voglia di rischiare, il coinvolgimento personale con il lavoro, un rapporto positivo con la realtà: in altre parole, quello che è in gioco, innanzitutto è un tipo umano. La questione decisiva per l’innovazione è perciò l’educazione, prima e più della formazione".
L’uomo e le sue capacità al centro. Più delle capacità operative, la libertà di esprimere il proprio desiderio. Perché, per me, è il desiderio che accende il motore dell’uomo.
Sempre nello stesso libro, è citata una frase di Monsignor Giussani, a pag.66: "La libertà è esigenza, desiderio, tensione all’infinito. Ma l’infinito, questo desiderio infinito che abbiamo, si realizza attraverso i bisogni quotidiani in cui la propria sete si articola e si concreta. I bisogni quotidiani ci sollecitano ai passi verso l’infinito. Il bisogno della cosa particolare è la modalità con cui il destino, l’infinito ci tocca, e noi reagiamo al desiderio della cosa particolare; e questo reagire – se è fatto da un io impegnato e non troppo “modesto”, non teso al comodo – affronta naturalmente il bisogno con una certa sistematicità".
Di fronte a quanto riportato sopra, pertanto, la mia reazione è che occorre, sì, attuare delle azioni concrete per invertire la tendenza economica, ma lo sguardo dove è rivolto?
Per questo mi ha colpito e affascinato quanto detto dal mio manager: nella mia azienda vogliamo, possiamo e dobbiamo raggiungere certi obiettivi senza trascurare però che la quotidianità è la circostanza attraverso cui ognuno di noi può e deve trovare compimento al proprio desiderio di felicità.

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