giovedì 4 novembre 2010

Io e la caritativa

Da due anni faccio caritativa alla Caritas, ogni quindici giorni il sabato mattina.
Cosa è la caritativa?
Mons. Luigi Giussani (1922 – 2005), fondatore del movimento di Comunione e Liberazione, nel libretto “Il senso della Caritativa” la spiega così:
“Quando c'è qualcosa di bello in noi, noi ci sentiamo spinti a comunicarlo agli altri. Quando si vedono altri che stanno peggio di noi, ci sentiamo spinti ad aiutarli in qualcosa di nostro. Tale esigenza è talmente originale, talmente naturale, che è in noi prima ancora che ne siamo coscienti e noi la chiamiamo giustamente legge dell'esistenza.
Noi andiamo in «caritativa» per soddisfare questa esigenza.
…….
Quanto più noi viviamo questa esigenza e questo dovere, tanto più realizziamo noi stessi; comunicare agli altri ci dà proprio l'esperienza di completare noi stessi. Tanto è vero che, se non riusciamo a dare, ci sentiamo diminuiti. Interessarci degli altri, comunicarci agli altri, ci fa compiere il supremo, anzi unico, dovere della vita, che è realizzare noi stessi, compiere noi stessi.
Noi andiamo in «caritativa» per imparare a compiere questo dovere.
……
Ma Cristo ci ha fatto capire il perché profondo di tutto ciò svelandoci la legge ultima dell'essere e della vita: la carità. La legge suprema, cioè, del nostro essere è condividere l'essere degli altri, è mettere in comune se stessi. Solo Gesù Cristo ci dice tutto questo, perché Egli sa cos'è ogni cosa, che cos'è Dio da cui nasciamo, che cos'è l'Essere.
Tutta la parola «carità» riesco a spiegarmela quando penso che il Figlio di Dio, amandoci, non ci ha mandato le sue ricchezze come avrebbe potuto fare, rivoluzionando la nostra situazione, ma si è fatto misero come noi, ha «condiviso» la nostra nullità.
Noi andiamo in «caritativa» per imparare a vivere come Cristo.”


Questi tre punti sono alla base della mia scelta di aderire alla caritativa, gesto che ho compiuto fedelmente durante gli anni di liceo, quando facevo studiare alcuni ragazzi delle scuole medie di un quartiere degradato della mia città.
Dopo molti anni in cui, per motivi di lavoro, di famiglia, per noia, distrazione e mancanza di ragioni chiare non ho più fatto caritativa, ho accettato di riprendere grazie al rapporto di amicizia con alcune persone.
Mi è stato proposto di dare una mano alla Caritas del mio paese, che si occupa tra l’altro della distribuzione del pacco alimentare alle famiglie bisognose.
Ogni quindici giorni, insieme ad altri volontari, ci vediamo per sistemare gli scaffali pieni di alimenti, riempire le borse e consegnarle alle persone povere del mio paese.
Come compito mi è stato chiesto di preparare le borse che altri volontari ritirano all’ingresso e poi riconsegnano piene ai bisognosi. L’ambiente è molto semplice e vivo, la maggior parte dei volontari sono donne ultra sessantenni e uomini in pensione e rappresentano il fulcro dell’attività. Le nonnine, come simpaticamente le chiamiamo, sono vispe e attive, come se le avessero caricate a molla…non si fermano un istante. Hanno proprio una passione per l’umano e per il servizio che svolgono che traspare a occhio nudo.
Ho provato a domandare più volte cosa le spingesse a fare il gesto della Caritas, ma la risposta ottenuta non mi ha soddisfatto molto. Però basta guardarle in azione per capire!!
Nel frattempo, prendo sempre più coscienza che attraverso quel semplice gesto di mettere il latte, la pasta, il formaggio, il pane o qualcos’altro dentro le borse, dò la possibilità a qualcuno di soddisfare un bisogno. E questo passa attraverso la soddisfazione di un mio bisogno.
Sempre più spesso, oltre che riempire le buste le consegno direttamente alle persone. Ci sono pochi anziani, a cui il pacco viene recapitato a casa, molte giovani mamme slave o musulmane, tanti italiani. La consegna della borsa dura un istante, il tempo che dalla mia mano passi nella mano dell’altro, ma un istante che vale infinito.
Cerco sempre lo sguardo delle persone che incontro.
Spesso incrocio occhi semplici, sorrisi limpidi e volti di persone sofferenti. Ma spesso lieti!
Nell’esperienza che faccio tocco con mano cosa sia l’uomo mendicante, l’uomo bisognoso di tutto, l’uomo mendicante di Cristo.
Cristo in quel momento passa attraverso il bisogno del latte, dei pelati, della farina……
Il “Grazie” con cui quasi tutti accettano il pacco alimentare e mi salutano, mi rende ancora più familiare con loro e con il loro bisogno da soddisfare.
La cosa che più mi colpisce è la letizia e la serenità che mi accompagna in questo gesto, non perché sia un’opera buona, ma perché donato e offerto totalmente a Dio. E il primo beneficiario sono io.

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