Sabato 16 Gennaio, insieme ai fedeli compagni di cordata, Renzo e Ricky, sono andato a ciaspolare ad Alpe Devero, al confine con la Svizzera. Oltre 3 ore di cammino a salire, quasi 2.40 ore per scendere. Una giornata fantastica, un paesaggio stupendo.
venerdì 29 gennaio 2010
martedì 26 gennaio 2010
Le avventure del dott. Sapuppo n.5
Finalmente, giunse il giorno della partenza per la Sicilia.
Obiettivo, andare al matrimonio della cugina. Purtroppo!!
La sveglia suonò senza rispetto alle 4,00 in punto.
Drin, drin, drin….drin,drin!
Per fortuna che la sveglia non si stanca mai di suonare, ma se avesse potuto parlare, certo che, qualche strana bestemmia l’avrebbe mandata al dott. Sapuppo!!
Sveglio, ma non cosciente, si alza, va in bagno e si fa la doccia. Quindi, ancora tra le braccia del dio Sonno, si veste, prende il borsone ed esce di casa: davanti al cancello lo attendeva un taxi.
Il viaggio fu breve a quell’ora, sufficiente però per una breve pennichella, mentre il tassista dallo specchietto retrovisore lo guardava e rideva sotto i baffi.
Ma pirchì ride sto tassista? Boh!
Arrivato a Malpensa, muovendosi come fosse ubriaco, Agatino si dirige al box della compagnia aerea albanese.
“Ma dove si trova questo check in?”, si chiese Agatino.
Dire che era in un posto dimenticato da Dio è un gentile eufemismo!!
Ad accoglierlo c’è una signorina che indossa un abito rosa confetto, capelli biondi platino, evidentemente colore non naturale, alta circa 1,60 m, di corporatura maschile. Un vero panzer!....che a vedere il dott. Sapuppo si mise a ridere di nascosto.
“Puongiorno signore, mi tica?”…e intanto rideva.
“Agatino Sapuppo, ho un biglietto per Catania”
“Antonino Sacucco?....si, ecco, Gate 22, Terminal 1, imbarco ore 5,50”….e intanto rideva.
“Non solo di mattina presto, ma anche Terminal 1?...che mattina di merda!”
“Como? Non abere capito!”….e intanto rideva.
“Niente, grazie!” rispose Agatino,.....”Ma cchi minchia ride?”, pensò lo stesso ad alta voce.
Il volo fu una vera odissea fin dall’inizio: per arrivare al vettore il bus dovette attraversare tutto l’aeroporto di Malpensa, per ottenere l’autorizzazione al volo fu necessario implorare in cinese un assistente di volo, quindi cominciò la fase di rullaggio. Pareva di stare su un vecchio barcone arrugginito: i finestrini poco puliti, alcuni sedili bloccati, non parliamo poi dei tavolinetti porta oggetto, ogni due file ce n’era uno funzionante.
Non è che questa compagnia aerea albanese è gestita da scafisti veterani dell’Adriatico?
Giunto, per fortuna, a CT, ad attenderlo all’aeroporto c’erano suo padre, sua madre, lo zio Salvatore, la zia Giuseppina, il cugino Sebastiano, il vicino di casa il sig. Cuius, la vedova Buttafuoco, don Paolo Sammartino,….presente per benedire la venuta di Agatino in Sicilia!
Due macchine piene per accogliere una persona.
Benvenuto in Terronia!!
Il padre: “Figghiu miu, ti agghiancanu i capiddi?”
La madre: “Figghiu miu, ma comu ta vistutu ?”
Il cugino: “Beddu miu, quant’avi ‘ca nun scinni o paisi?”
La vedova: “Ma quantu ta fattu ranni? Mi rioddu di quannu erutu nicu….!”
Il prete: “Lodatu sia u Signuri, picchì ti vosi fari turnari!!”
Solo allora Agatino si accorse di essersi vestito nel seguente modo: pantalone a quadri bianco blu, camicia a righe verticali gialle, cravatta a righe orizzontali, maglione verde, mocassino marrone, cappotto color cammello.
Manco per carnevale una accozzaglia del genere!!!....ecco perché tutti ridevano!
Come in processione le due macchine giunsero a casa Sapuppo, a San Giovanni Galermo: il roseto piantato e mantenuto per tanti anni da Agatino era ridente, l’albero di limoni era già grande, in più, nell’orto botanico di casa Sapuppo, era spuntato un potus davvero enorme. Per il resto la casa era come l’aveva lasciata molti anni prima, stesso arredamento, stessi sopra mobili, stessi quadri, ancora più statue della Madonna: oltre quella di Lourdes, di Fatima, di Medjugorie, di Civitavecchia, di Siracusa e di Montallegro si era aggiunta la Virgen de Guadalupe, gentile regalo della vicina Addolorata che era stata in Messico per il suo 10° anniversario di matrimonio. Non mancava, naturalmente, la statuetta di S. Agata.
La stanza di Agatino era un museo: sembrava fosse stata congelata nel tentativo di mantenere intatto tutto quanto ci fosse là dentro. Anche le lenzuola erano quelli in cui aveva dormito ai tempi dell’Università. Ma erano profumati, segno che la mamma aveva cura del museo agatino!!
La giornata trascorse tra le visite dei parenti e degli amici, giunti a casa Sapuppo, come i pastori alla grotta di Betlemme. Potè fare solo pochi passi fuori casa, continuamente interrotti da vicini e conoscenti che lo fermavano. Sembrava di stare in campagna elettorale!! Tutti a domandare, salutare, chiedere, informarsi, raccomandarsi per un posto di lavoro al nord. E siamo ancora all’inizio, figuriamoci domani al matrimonio.
L’indomani arrivò!
La sveglia fu data dalla mamma alle 6,00 di mattina. Ma se il matrimonio era alle 11,00 perché cominciare a rompere così presto?
C’era da farsi la doccia, c’era da andare dal parrucchiere, c’era da farsi ritoccare dall’estetista, c’era da andare dalla sarta per gli ultimi ritocchi all’abito, c’era da andare a casa della sposa per fare qualche foto con la promessa, c’era da andare in chiesa prima degli altri per prendere i primi posti.
Quindi, sull’attenti!
Agatino aveva solo da docciarsi, radersi, fare colazione e vestirsi…speriamo meglio del giorno precedente! Lento come un bradipo cominciò a muoversi per casa, mentre la madre era uscita e il padre dietro di lei ad accompagnarla.
Alle 10,30 era già in chiesa con i genitori, in terza fila dietro i testimoni e i genitori della sposa, nel suo abito grigio chiaro con camicia bianca, cravatta blu, mocassino marrone e orologio d’oro.
Lo sposo, Calogero Manduca, indossava un abito per cerimonia blu scuro, traslucido che potevi specchiarti, camicia violetta, cravatta blu a palline viola, scarpa di coccodrillo marrone con punta lunga. Capelli gellati, rasato con basetta lunga e stretta fino al mento. Occhiale con montatura rossa e vetro fumè.
La sposa, Nunzia Cucuzza, che dalla natura non aveva ricevuto la grazia di un corpo femminile, indossava un abito lungo, colore avorio, con uno strascico da fare invidia a un sovrano, e un decolté mozzafiato, a rischio tetta di fuori, che fece rabbrividire gli invitati e il prete che celebrava.
Non indossava scarpe ma trampoli, visto quanto era alta. Non era truccata, era dipinta ad acquerello! La pettinatura, vertiginosa, teneva grazie a una decina di bombolette di lacca spruzzate sopra.
Il prete, che li conosceva dai tempi del catechismo, era molto emozionato e parecchie volte si impappinò durante la funzione. Tanto che nella formula matrimoniale, a suo dire sposò Calogero con se stesso e Nunzia con se stessa. Naturalmente accortosi dell’errore, ripetè il rito.
Dopo un’ora e mezza di funzione, di cui oltre quaranta minuti di predica, i due sposi uscirono dalla chiesa, sommersi da chilate di riso, coriandoli che cadevano dal campanile della chiesa e fuochi di artificio sparati ad hoc.
I due, a bordo di una 600, vecchio modello, si avviarono verso il parco dove fare le foto.
A questo punto non rimaneva che avviarsi con molta calma verso il luogo del ricevimento. Sull’auto di papà, una vissuta Tempra 1.6 a benzina, colore rosso, Agatino, con mamma e papà, insieme alla zia Antonietta e il piccolo Mauro, partirono per Bronte, piccolo paese etneo, famoso per i pistacchi e per i torroncini del Cavaliere Condorelli.
Il luogo scelto per la festa, una antica dimora nobiliare usata come riserva di caccia, si prestava bene per la giornata: assolata ma fresca, con un pizzico di tramontana che rischiava di fare volare qualche cappello dei numerosi invitati.
Invitati? Un popolo!
I matrimoni terroni impongono che vengano invitati i parenti fino alla 6° generazione, sia che risiedano in loco che all’estero, i vicini di casa, il medico della mutua, il notaio amico del vicino (può servire!), conosciuto 10 anni prima in occasione del rogito della casa, l’amico avvocato (non si sa mai!), il prete della parrocchia (meglio avere amici in paradiso!), il direttore di banca in cui si ha il conto corrente, gli amici dei genitori, gli amici degli sposi.
Il numero medio varia tra le 250 e le 350 persone. Il matrimonio di Calogero e Nunzia aveva 312 invitati presenti!
Quando partirono dal paese, il corteo di auto che si era formato fu così lungo che un povero pedone che doveva attraversare la strada fece in tempo a recitare una decina di rosario prima di passare dal lato opposto.
E quando le auto arrivarono al banchetto, per risolvere l’ingorgo che si formò al parcheggio fu necessario chiamare una pattuglia di vigili urbani e una squadra della protezione civile per distribuire bottigliette d’acqua per i “viaggiatori”!
Obiettivo, andare al matrimonio della cugina. Purtroppo!!
La sveglia suonò senza rispetto alle 4,00 in punto.
Drin, drin, drin….drin,drin!
Per fortuna che la sveglia non si stanca mai di suonare, ma se avesse potuto parlare, certo che, qualche strana bestemmia l’avrebbe mandata al dott. Sapuppo!!
Sveglio, ma non cosciente, si alza, va in bagno e si fa la doccia. Quindi, ancora tra le braccia del dio Sonno, si veste, prende il borsone ed esce di casa: davanti al cancello lo attendeva un taxi.
Il viaggio fu breve a quell’ora, sufficiente però per una breve pennichella, mentre il tassista dallo specchietto retrovisore lo guardava e rideva sotto i baffi.
Ma pirchì ride sto tassista? Boh!
Arrivato a Malpensa, muovendosi come fosse ubriaco, Agatino si dirige al box della compagnia aerea albanese.
“Ma dove si trova questo check in?”, si chiese Agatino.
Dire che era in un posto dimenticato da Dio è un gentile eufemismo!!
Ad accoglierlo c’è una signorina che indossa un abito rosa confetto, capelli biondi platino, evidentemente colore non naturale, alta circa 1,60 m, di corporatura maschile. Un vero panzer!....che a vedere il dott. Sapuppo si mise a ridere di nascosto.
“Puongiorno signore, mi tica?”…e intanto rideva.
“Agatino Sapuppo, ho un biglietto per Catania”
“Antonino Sacucco?....si, ecco, Gate 22, Terminal 1, imbarco ore 5,50”….e intanto rideva.
“Non solo di mattina presto, ma anche Terminal 1?...che mattina di merda!”
“Como? Non abere capito!”….e intanto rideva.
“Niente, grazie!” rispose Agatino,.....”Ma cchi minchia ride?”, pensò lo stesso ad alta voce.
Il volo fu una vera odissea fin dall’inizio: per arrivare al vettore il bus dovette attraversare tutto l’aeroporto di Malpensa, per ottenere l’autorizzazione al volo fu necessario implorare in cinese un assistente di volo, quindi cominciò la fase di rullaggio. Pareva di stare su un vecchio barcone arrugginito: i finestrini poco puliti, alcuni sedili bloccati, non parliamo poi dei tavolinetti porta oggetto, ogni due file ce n’era uno funzionante.
Non è che questa compagnia aerea albanese è gestita da scafisti veterani dell’Adriatico?
Giunto, per fortuna, a CT, ad attenderlo all’aeroporto c’erano suo padre, sua madre, lo zio Salvatore, la zia Giuseppina, il cugino Sebastiano, il vicino di casa il sig. Cuius, la vedova Buttafuoco, don Paolo Sammartino,….presente per benedire la venuta di Agatino in Sicilia!
Due macchine piene per accogliere una persona.
Benvenuto in Terronia!!
Il padre: “Figghiu miu, ti agghiancanu i capiddi?”
La madre: “Figghiu miu, ma comu ta vistutu ?”
Il cugino: “Beddu miu, quant’avi ‘ca nun scinni o paisi?”
La vedova: “Ma quantu ta fattu ranni? Mi rioddu di quannu erutu nicu….!”
Il prete: “Lodatu sia u Signuri, picchì ti vosi fari turnari!!”
Solo allora Agatino si accorse di essersi vestito nel seguente modo: pantalone a quadri bianco blu, camicia a righe verticali gialle, cravatta a righe orizzontali, maglione verde, mocassino marrone, cappotto color cammello.
Manco per carnevale una accozzaglia del genere!!!....ecco perché tutti ridevano!
Come in processione le due macchine giunsero a casa Sapuppo, a San Giovanni Galermo: il roseto piantato e mantenuto per tanti anni da Agatino era ridente, l’albero di limoni era già grande, in più, nell’orto botanico di casa Sapuppo, era spuntato un potus davvero enorme. Per il resto la casa era come l’aveva lasciata molti anni prima, stesso arredamento, stessi sopra mobili, stessi quadri, ancora più statue della Madonna: oltre quella di Lourdes, di Fatima, di Medjugorie, di Civitavecchia, di Siracusa e di Montallegro si era aggiunta la Virgen de Guadalupe, gentile regalo della vicina Addolorata che era stata in Messico per il suo 10° anniversario di matrimonio. Non mancava, naturalmente, la statuetta di S. Agata.
La stanza di Agatino era un museo: sembrava fosse stata congelata nel tentativo di mantenere intatto tutto quanto ci fosse là dentro. Anche le lenzuola erano quelli in cui aveva dormito ai tempi dell’Università. Ma erano profumati, segno che la mamma aveva cura del museo agatino!!
La giornata trascorse tra le visite dei parenti e degli amici, giunti a casa Sapuppo, come i pastori alla grotta di Betlemme. Potè fare solo pochi passi fuori casa, continuamente interrotti da vicini e conoscenti che lo fermavano. Sembrava di stare in campagna elettorale!! Tutti a domandare, salutare, chiedere, informarsi, raccomandarsi per un posto di lavoro al nord. E siamo ancora all’inizio, figuriamoci domani al matrimonio.
L’indomani arrivò!
La sveglia fu data dalla mamma alle 6,00 di mattina. Ma se il matrimonio era alle 11,00 perché cominciare a rompere così presto?
C’era da farsi la doccia, c’era da andare dal parrucchiere, c’era da farsi ritoccare dall’estetista, c’era da andare dalla sarta per gli ultimi ritocchi all’abito, c’era da andare a casa della sposa per fare qualche foto con la promessa, c’era da andare in chiesa prima degli altri per prendere i primi posti.
Quindi, sull’attenti!
Agatino aveva solo da docciarsi, radersi, fare colazione e vestirsi…speriamo meglio del giorno precedente! Lento come un bradipo cominciò a muoversi per casa, mentre la madre era uscita e il padre dietro di lei ad accompagnarla.
Alle 10,30 era già in chiesa con i genitori, in terza fila dietro i testimoni e i genitori della sposa, nel suo abito grigio chiaro con camicia bianca, cravatta blu, mocassino marrone e orologio d’oro.
Lo sposo, Calogero Manduca, indossava un abito per cerimonia blu scuro, traslucido che potevi specchiarti, camicia violetta, cravatta blu a palline viola, scarpa di coccodrillo marrone con punta lunga. Capelli gellati, rasato con basetta lunga e stretta fino al mento. Occhiale con montatura rossa e vetro fumè.
La sposa, Nunzia Cucuzza, che dalla natura non aveva ricevuto la grazia di un corpo femminile, indossava un abito lungo, colore avorio, con uno strascico da fare invidia a un sovrano, e un decolté mozzafiato, a rischio tetta di fuori, che fece rabbrividire gli invitati e il prete che celebrava.
Non indossava scarpe ma trampoli, visto quanto era alta. Non era truccata, era dipinta ad acquerello! La pettinatura, vertiginosa, teneva grazie a una decina di bombolette di lacca spruzzate sopra.
Il prete, che li conosceva dai tempi del catechismo, era molto emozionato e parecchie volte si impappinò durante la funzione. Tanto che nella formula matrimoniale, a suo dire sposò Calogero con se stesso e Nunzia con se stessa. Naturalmente accortosi dell’errore, ripetè il rito.
Dopo un’ora e mezza di funzione, di cui oltre quaranta minuti di predica, i due sposi uscirono dalla chiesa, sommersi da chilate di riso, coriandoli che cadevano dal campanile della chiesa e fuochi di artificio sparati ad hoc.
I due, a bordo di una 600, vecchio modello, si avviarono verso il parco dove fare le foto.
A questo punto non rimaneva che avviarsi con molta calma verso il luogo del ricevimento. Sull’auto di papà, una vissuta Tempra 1.6 a benzina, colore rosso, Agatino, con mamma e papà, insieme alla zia Antonietta e il piccolo Mauro, partirono per Bronte, piccolo paese etneo, famoso per i pistacchi e per i torroncini del Cavaliere Condorelli.
Il luogo scelto per la festa, una antica dimora nobiliare usata come riserva di caccia, si prestava bene per la giornata: assolata ma fresca, con un pizzico di tramontana che rischiava di fare volare qualche cappello dei numerosi invitati.
Invitati? Un popolo!
I matrimoni terroni impongono che vengano invitati i parenti fino alla 6° generazione, sia che risiedano in loco che all’estero, i vicini di casa, il medico della mutua, il notaio amico del vicino (può servire!), conosciuto 10 anni prima in occasione del rogito della casa, l’amico avvocato (non si sa mai!), il prete della parrocchia (meglio avere amici in paradiso!), il direttore di banca in cui si ha il conto corrente, gli amici dei genitori, gli amici degli sposi.
Il numero medio varia tra le 250 e le 350 persone. Il matrimonio di Calogero e Nunzia aveva 312 invitati presenti!
Quando partirono dal paese, il corteo di auto che si era formato fu così lungo che un povero pedone che doveva attraversare la strada fece in tempo a recitare una decina di rosario prima di passare dal lato opposto.
E quando le auto arrivarono al banchetto, per risolvere l’ingorgo che si formò al parcheggio fu necessario chiamare una pattuglia di vigili urbani e una squadra della protezione civile per distribuire bottigliette d’acqua per i “viaggiatori”!
Le avventure del dott. Sapuppo n.5
Finalmente, giunse il giorno della partenza per la Sicilia.
Obiettivo, andare al matrimonio della cugina. Purtroppo!!
La sveglia suonò senza rispetto alle 4,00 in punto.
Drin, drin, drin….drin,drin!
Per fortuna che la sveglia non si stanca mai di suonare, ma se avesse potuto parlare, certo che, qualche strana bestemmia l’avrebbe mandata al dott. Sapuppo!!
Sveglio, ma non cosciente, si alza, va in bagno e si fa la doccia. Quindi, ancora tra le braccia del dio Sonno, si veste, prende il borsone ed esce di casa: davanti al cancello lo attendeva un taxi.
Il viaggio fu breve a quell’ora, sufficiente però per una breve pennichella, mentre il tassista dallo specchietto retrovisore lo guardava e rideva sotto i baffi.
Ma pirchì ride sto tassista? Boh!
Arrivato a Malpensa, muovendosi come fosse ubriaco, Agatino si dirige al box della compagnia aerea albanese.
“Ma dove si trova questo check in?”, si chiese Agatino.
Dire che era in un posto dimenticato da Dio è un gentile eufemismo!!
Ad accoglierlo c’è una signorina che indossa un abito rosa confetto, capelli biondi platino, evidentemente colore non naturale, alta circa 1,60 m, di corporatura maschile. Un vero panzer!....che a vedere il dott. Sapuppo si mise a ridere di nascosto.
“Puongiorno signore, mi tica?”…e intanto rideva.
“Agatino Sapuppo, ho un biglietto per Catania”
“Antonino Sacucco?....si, ecco, Gate 22, Terminal 1, imbarco ore 5,50”….e intanto rideva.
“Non solo di mattina presto, ma anche Terminal 1?...che mattina di merda!”
“Como? Non abere capito!”….e intanto rideva.
“Niente, grazie!” rispose Agatino,.....”Ma cchi minchia ride?”, pensò lo stesso ad alta voce.
Il volo fu una vera odissea fin dall’inizio: per arrivare al vettore il bus dovette attraversare tutto l’aeroporto di Malpensa, per ottenere l’autorizzazione al volo fu necessario implorare in cinese un assistente di volo, quindi cominciò la fase di rullaggio. Pareva di stare su un vecchio barcone arrugginito: i finestrini poco puliti, alcuni sedili bloccati, non parliamo poi dei tavolinetti porta oggetto, ogni due file ce n’era uno funzionante.
Non è che questa compagnia aerea albanese è gestita da scafisti veterani dell’Adriatico?
Giunto, per fortuna, a CT, ad attenderlo all’aeroporto c’erano suo padre, sua madre, lo zio Salvatore, la zia Giuseppina, il cugino Sebastiano, il vicino di casa il sig. Cuius, la vedova Buttafuoco, don Paolo Sammartino,….presente per benedire la venuta di Agatino in Sicilia!
Due macchine piene per accogliere una persona.
Benvenuto in Terronia!!
Il padre: “Figghiu miu, ti agghiancanu i capiddi?”
La madre: “Figghiu miu, ma comu ta vistutu ?”
Il cugino: “Beddu miu, quant’avi ‘ca nun scinni o paisi?”
La vedova: “Ma quantu ta fattu ranni? Mi rioddu di quannu erutu nicu….!”
Il prete: “Lodatu sia u Signuri, picchì ti vosi fari turnari!!”
Solo allora Agatino si accorse di essersi vestito nel seguente modo: pantalone a quadri bianco blu, camicia a righe verticali gialle, cravatta a righe orizzontali, maglione verde, mocassino marrone, cappotto color cammello.
Manco per carnevale una accozzaglia del genere!!!....ecco perché tutti ridevano!
Come in processione le due macchine giunsero a casa Sapuppo, a San Giovanni Galermo: il roseto piantato e mantenuto per tanti anni da Agatino era ridente, l’albero di limoni era già grande, in più, nell’orto botanico di casa Sapuppo, era spuntato un potus davvero enorme. Per il resto la casa era come l’aveva lasciata molti anni prima, stesso arredamento, stessi sopra mobili, stessi quadri, ancora più statue della Madonna: oltre quella di Lourdes, di Fatima, di Medjugorie, di Civitavecchia, di Siracusa e di Montallegro si era aggiunta la Virgen de Guadalupe, gentile regalo della vicina Addolorata che era stata in Messico per il suo 10° anniversario di matrimonio. Non mancava, naturalmente, la statuetta di S. Agata.
La stanza di Agatino era un museo: sembrava fosse stata congelata nel tentativo di mantenere intatto tutto quanto ci fosse là dentro. Anche le lenzuola erano quelli in cui aveva dormito ai tempi dell’Università. Ma erano profumati, segno che la mamma aveva cura del museo agatino!!
La giornata trascorse tra le visite dei parenti e degli amici, giunti a casa Sapuppo, come i pastori alla grotta di Betlemme. Potè fare solo pochi passi fuori casa, continuamente interrotti da vicini e conoscenti che lo fermavano. Sembrava di stare in campagna elettorale!! Tutti a domandare, salutare, chiedere, informarsi, raccomandarsi per un posto di lavoro al nord. E siamo ancora all’inizio, figuriamoci domani al matrimonio.
L’indomani arrivò!
La sveglia fu data dalla mamma alle 6,00 di mattina. Ma se il matrimonio era alle 11,00 perché cominciare a rompere così presto?
C’era da farsi la doccia, c’era da andare dal parrucchiere, c’era da farsi ritoccare dall’estetista, c’era da andare dalla sarta per gli ultimi ritocchi all’abito, c’era da andare a casa della sposa per fare qualche foto con la promessa, c’era da andare in chiesa prima degli altri per prendere i primi posti.
Quindi, sull’attenti!
Agatino aveva solo da docciarsi, radersi, fare colazione e vestirsi…speriamo meglio del giorno precedente! Lento come un bradipo cominciò a muoversi per casa, mentre la madre era uscita e il padre dietro di lei ad accompagnarla.
Alle 10,30 era già in chiesa con i genitori, in terza fila dietro i testimoni e i genitori della sposa, nel suo abito grigio chiaro con camicia bianca, cravatta blu, mocassino marrone e orologio d’oro.
Lo sposo, Calogero Manduca, indossava un abito per cerimonia blu scuro, traslucido che potevi specchiarti, camicia violetta, cravatta blu a palline viola, scarpa di coccodrillo marrone con punta lunga. Capelli gellati, rasato con basetta lunga e stretta fino al mento. Occhiale con montatura rossa e vetro fumè.
La sposa, Nunzia Cucuzza, che dalla natura non aveva ricevuto la grazia di un corpo femminile, indossava un abito lungo, colore avorio, con uno strascico da fare invidia a un sovrano, e un decolté mozzafiato, a rischio tetta di fuori, che fece rabbrividire gli invitati e il prete che celebrava.
Non indossava scarpe ma trampoli, visto quanto era alta. Non era truccata, era dipinta ad acquerello! La pettinatura, vertiginosa, teneva grazie a una decina di bombolette di lacca spruzzate sopra.
Il prete, che li conosceva dai tempi del catechismo, era molto emozionato e parecchie volte si impappinò durante la funzione. Tanto che nella formula matrimoniale, a suo dire sposò Calogero con se stesso e Nunzia con se stessa. Naturalmente accortosi dell’errore, ripetè il rito.
Dopo un’ora e mezza di funzione, di cui oltre quaranta minuti di predica, i due sposi uscirono dalla chiesa, sommersi da chilate di riso, coriandoli che cadevano dal campanile della chiesa e fuochi di artificio sparati ad hoc.
I due, a bordo di una 600, vecchio modello, si avviarono verso il parco dove fare le foto.
A questo punto non rimaneva che avviarsi con molta calma verso il luogo del ricevimento. Sull’auto di papà, una vissuta Tempra 1.6 a benzina, colore rosso, Agatino, con mamma e papà, insieme alla zia Antonietta e il piccolo Mauro, partirono per Bronte, piccolo paese etneo, famoso per i pistacchi e per i torroncini del Cavaliere Condorelli.
Il luogo scelto per la festa, una antica dimora nobiliare usata come riserva di caccia, si prestava bene per la giornata: assolata ma fresca, con un pizzico di tramontana che rischiava di fare volare qualche cappello dei numerosi invitati.
Invitati? Un popolo!
I matrimoni terroni impongono che vengano invitati i parenti fino alla 6° generazione, sia che risiedano in loco che all’estero, i vicini di casa, il medico della mutua, il notaio amico del vicino (può servire!), conosciuto 10 anni prima in occasione del rogito della casa, l’amico avvocato (non si sa mai!), il prete della parrocchia (meglio avere amici in paradiso!), il direttore di banca in cui si ha il conto corrente, gli amici dei genitori, gli amici degli sposi.
Il numero medio varia tra le 250 e le 350 persone. Il matrimonio di Calogero e Nunzia aveva 312 invitati presenti!
Quando partirono dal paese, il corteo di auto che si era formato fu così lungo che un povero pedone che doveva attraversare la strada fece in tempo a recitare una decina di rosario prima di passare dal lato opposto.
E quando le auto arrivarono al banchetto, per risolvere l’ingorgo che si formò al parcheggio fu necessario chiamare una pattuglia di vigili urbani e una squadra della protezione civile per distribuire bottigliette d’acqua per i “viaggiatori”!
Obiettivo, andare al matrimonio della cugina. Purtroppo!!
La sveglia suonò senza rispetto alle 4,00 in punto.
Drin, drin, drin….drin,drin!
Per fortuna che la sveglia non si stanca mai di suonare, ma se avesse potuto parlare, certo che, qualche strana bestemmia l’avrebbe mandata al dott. Sapuppo!!
Sveglio, ma non cosciente, si alza, va in bagno e si fa la doccia. Quindi, ancora tra le braccia del dio Sonno, si veste, prende il borsone ed esce di casa: davanti al cancello lo attendeva un taxi.
Il viaggio fu breve a quell’ora, sufficiente però per una breve pennichella, mentre il tassista dallo specchietto retrovisore lo guardava e rideva sotto i baffi.
Ma pirchì ride sto tassista? Boh!
Arrivato a Malpensa, muovendosi come fosse ubriaco, Agatino si dirige al box della compagnia aerea albanese.
“Ma dove si trova questo check in?”, si chiese Agatino.
Dire che era in un posto dimenticato da Dio è un gentile eufemismo!!
Ad accoglierlo c’è una signorina che indossa un abito rosa confetto, capelli biondi platino, evidentemente colore non naturale, alta circa 1,60 m, di corporatura maschile. Un vero panzer!....che a vedere il dott. Sapuppo si mise a ridere di nascosto.
“Puongiorno signore, mi tica?”…e intanto rideva.
“Agatino Sapuppo, ho un biglietto per Catania”
“Antonino Sacucco?....si, ecco, Gate 22, Terminal 1, imbarco ore 5,50”….e intanto rideva.
“Non solo di mattina presto, ma anche Terminal 1?...che mattina di merda!”
“Como? Non abere capito!”….e intanto rideva.
“Niente, grazie!” rispose Agatino,.....”Ma cchi minchia ride?”, pensò lo stesso ad alta voce.
Il volo fu una vera odissea fin dall’inizio: per arrivare al vettore il bus dovette attraversare tutto l’aeroporto di Malpensa, per ottenere l’autorizzazione al volo fu necessario implorare in cinese un assistente di volo, quindi cominciò la fase di rullaggio. Pareva di stare su un vecchio barcone arrugginito: i finestrini poco puliti, alcuni sedili bloccati, non parliamo poi dei tavolinetti porta oggetto, ogni due file ce n’era uno funzionante.
Non è che questa compagnia aerea albanese è gestita da scafisti veterani dell’Adriatico?
Giunto, per fortuna, a CT, ad attenderlo all’aeroporto c’erano suo padre, sua madre, lo zio Salvatore, la zia Giuseppina, il cugino Sebastiano, il vicino di casa il sig. Cuius, la vedova Buttafuoco, don Paolo Sammartino,….presente per benedire la venuta di Agatino in Sicilia!
Due macchine piene per accogliere una persona.
Benvenuto in Terronia!!
Il padre: “Figghiu miu, ti agghiancanu i capiddi?”
La madre: “Figghiu miu, ma comu ta vistutu ?”
Il cugino: “Beddu miu, quant’avi ‘ca nun scinni o paisi?”
La vedova: “Ma quantu ta fattu ranni? Mi rioddu di quannu erutu nicu….!”
Il prete: “Lodatu sia u Signuri, picchì ti vosi fari turnari!!”
Solo allora Agatino si accorse di essersi vestito nel seguente modo: pantalone a quadri bianco blu, camicia a righe verticali gialle, cravatta a righe orizzontali, maglione verde, mocassino marrone, cappotto color cammello.
Manco per carnevale una accozzaglia del genere!!!....ecco perché tutti ridevano!
Come in processione le due macchine giunsero a casa Sapuppo, a San Giovanni Galermo: il roseto piantato e mantenuto per tanti anni da Agatino era ridente, l’albero di limoni era già grande, in più, nell’orto botanico di casa Sapuppo, era spuntato un potus davvero enorme. Per il resto la casa era come l’aveva lasciata molti anni prima, stesso arredamento, stessi sopra mobili, stessi quadri, ancora più statue della Madonna: oltre quella di Lourdes, di Fatima, di Medjugorie, di Civitavecchia, di Siracusa e di Montallegro si era aggiunta la Virgen de Guadalupe, gentile regalo della vicina Addolorata che era stata in Messico per il suo 10° anniversario di matrimonio. Non mancava, naturalmente, la statuetta di S. Agata.
La stanza di Agatino era un museo: sembrava fosse stata congelata nel tentativo di mantenere intatto tutto quanto ci fosse là dentro. Anche le lenzuola erano quelli in cui aveva dormito ai tempi dell’Università. Ma erano profumati, segno che la mamma aveva cura del museo agatino!!
La giornata trascorse tra le visite dei parenti e degli amici, giunti a casa Sapuppo, come i pastori alla grotta di Betlemme. Potè fare solo pochi passi fuori casa, continuamente interrotti da vicini e conoscenti che lo fermavano. Sembrava di stare in campagna elettorale!! Tutti a domandare, salutare, chiedere, informarsi, raccomandarsi per un posto di lavoro al nord. E siamo ancora all’inizio, figuriamoci domani al matrimonio.
L’indomani arrivò!
La sveglia fu data dalla mamma alle 6,00 di mattina. Ma se il matrimonio era alle 11,00 perché cominciare a rompere così presto?
C’era da farsi la doccia, c’era da andare dal parrucchiere, c’era da farsi ritoccare dall’estetista, c’era da andare dalla sarta per gli ultimi ritocchi all’abito, c’era da andare a casa della sposa per fare qualche foto con la promessa, c’era da andare in chiesa prima degli altri per prendere i primi posti.
Quindi, sull’attenti!
Agatino aveva solo da docciarsi, radersi, fare colazione e vestirsi…speriamo meglio del giorno precedente! Lento come un bradipo cominciò a muoversi per casa, mentre la madre era uscita e il padre dietro di lei ad accompagnarla.
Alle 10,30 era già in chiesa con i genitori, in terza fila dietro i testimoni e i genitori della sposa, nel suo abito grigio chiaro con camicia bianca, cravatta blu, mocassino marrone e orologio d’oro.
Lo sposo, Calogero Manduca, indossava un abito per cerimonia blu scuro, traslucido che potevi specchiarti, camicia violetta, cravatta blu a palline viola, scarpa di coccodrillo marrone con punta lunga. Capelli gellati, rasato con basetta lunga e stretta fino al mento. Occhiale con montatura rossa e vetro fumè.
La sposa, Nunzia Cucuzza, che dalla natura non aveva ricevuto la grazia di un corpo femminile, indossava un abito lungo, colore avorio, con uno strascico da fare invidia a un sovrano, e un decolté mozzafiato, a rischio tetta di fuori, che fece rabbrividire gli invitati e il prete che celebrava.
Non indossava scarpe ma trampoli, visto quanto era alta. Non era truccata, era dipinta ad acquerello! La pettinatura, vertiginosa, teneva grazie a una decina di bombolette di lacca spruzzate sopra.
Il prete, che li conosceva dai tempi del catechismo, era molto emozionato e parecchie volte si impappinò durante la funzione. Tanto che nella formula matrimoniale, a suo dire sposò Calogero con se stesso e Nunzia con se stessa. Naturalmente accortosi dell’errore, ripetè il rito.
Dopo un’ora e mezza di funzione, di cui oltre quaranta minuti di predica, i due sposi uscirono dalla chiesa, sommersi da chilate di riso, coriandoli che cadevano dal campanile della chiesa e fuochi di artificio sparati ad hoc.
I due, a bordo di una 600, vecchio modello, si avviarono verso il parco dove fare le foto.
A questo punto non rimaneva che avviarsi con molta calma verso il luogo del ricevimento. Sull’auto di papà, una vissuta Tempra 1.6 a benzina, colore rosso, Agatino, con mamma e papà, insieme alla zia Antonietta e il piccolo Mauro, partirono per Bronte, piccolo paese etneo, famoso per i pistacchi e per i torroncini del Cavaliere Condorelli.
Il luogo scelto per la festa, una antica dimora nobiliare usata come riserva di caccia, si prestava bene per la giornata: assolata ma fresca, con un pizzico di tramontana che rischiava di fare volare qualche cappello dei numerosi invitati.
Invitati? Un popolo!
I matrimoni terroni impongono che vengano invitati i parenti fino alla 6° generazione, sia che risiedano in loco che all’estero, i vicini di casa, il medico della mutua, il notaio amico del vicino (può servire!), conosciuto 10 anni prima in occasione del rogito della casa, l’amico avvocato (non si sa mai!), il prete della parrocchia (meglio avere amici in paradiso!), il direttore di banca in cui si ha il conto corrente, gli amici dei genitori, gli amici degli sposi.
Il numero medio varia tra le 250 e le 350 persone. Il matrimonio di Calogero e Nunzia aveva 312 invitati presenti!
Quando partirono dal paese, il corteo di auto che si era formato fu così lungo che un povero pedone che doveva attraversare la strada fece in tempo a recitare una decina di rosario prima di passare dal lato opposto.
E quando le auto arrivarono al banchetto, per risolvere l’ingorgo che si formò al parcheggio fu necessario chiamare una pattuglia di vigili urbani e una squadra della protezione civile per distribuire bottigliette d’acqua per i “viaggiatori”!
giovedì 14 gennaio 2010
Le avventure del dott. Sapuppo n.4
Agatino Sapuppo, è uomo di grandi capacità relazionali, ma di una cosa non va certamente fiero e fa fatica ad accettare. I suoi parenti terroni.
Li considera di basso profilo sociale, dei “provincialotti”, persone di scarso livello umano, economicamente benestanti ma culturalmente ignoranti. Fra tutti i parenti, naturalmente, si salvano la mamma e il papà. La mamma, come tutte le mamme del sud, ha verso il figlio maschio un’attenzione asfissiante, ben oltre la venerazione. Chiama il figlio due, tre volte al giorno, per sapere cosa fa, come lo fa, dove va, come ci va, con chi esce, con chi mangia, come si veste,…….
Il papà, per definizione, è un punto di riferimento: il migliore, il più bravo, quello che nella vita ha sbagliato meno, quello che a lavoro si è distinto di più per costanza, per impegno, per solidarietà verso i colleghi, per empatia,…..
Insomma, di fronte a mamma e papà, tutto passa in secondo piano.
E fu così che in una tarda mattinata di una bella giornata assolata e calda, Agatino riceve una telefonata inattesa. Di solito, la mamma chiama alle 10, alle 17 e alle 22. Ora, invece, erano le 12. Chi sarà mai a chiamare!
“Pronto? Chi parla?”
“Tinuzzu, a mamà sugnu!
“Mamà, e picchì mi chiami astura, cchi successi?”
“T’arrioddi ca a prossima simana, o sabbutu, si marita Nunzia?”
“Nunzia cui?”
“Comu Nunzia cui? Tò cucina, me niputi! Chiffà tu scurdasti? Figghiu miu, di quannu t’innisti a stari o Nord hai pirdutu i siensi!”
“No no, quannu mai, e ca stava pinsannu cu u sapi a cchi! Tranquilla, ni viremu venerdì matina all’aeroporto”
“Vabbè, appoi ti mitti d’accordu cco papà. Ti salutu, stamma accura!”
Agatino, fece la parte del distratto, ma aveva completamente dimenticato il matrimonio della cugina. D’altronde, non godendo di particolari simpatie verso la parentela tutto andava nel dimenticatoio.
Sta di fatto che conclusa la telefonata con la mamma, Agatino Sapuppo si fionda al pc e si collega a internet per cercare un volo MI-CT.
Prima con voli di linea nazionali, diretti e con scalo, ma nulla da fare. Niente voli e quei pochi a prezzo pieno. Allora cerca voli low cost, con partenze a orari assurdi e da aeroporti che rientrano nell’area del nord Italia, altro che MI e dintorni.
MI, BG, BO, BS, TO, GE, TV, FC….ma quanto minchia costano questi aerei!
Alla fine, dopo un’ora di ricerche, trova un volo MI-CT, partenza da Malpensa alle 6 del mattino con una sconosciuta compagnia aerea albanese. E comunque, il volo andata e ritorno costa € 389,00 più il trasferimento in taxi da casa all’aeroporto, visto che la metropolitana milanese comincia il suo servizio giornaliero alle 5,45.
Meglio non dare questa informazione alla mamma, altrimenti si preoccupa, si agita e non dorme per una settimana.
Ma Agatino non riusciva a digerirlo sto viaggio: spendere per un matrimonio di cui non gli interessava niente, alzarsi al mattino presto, rivedere le zie che tutte le volte passavano il tempo a sbaciucchiarlo, gli chiedevano informazioni che dimenticavano un istante dopo e poi, sempre le solite frasi: “ti vedo stanco, sei sciupato,….ma che fai non mangi?,…..stai imbiancando,….. hai le occhiaie,…..ma chi ti prepara la sera?,…….e chi ti stira le camicie?,……ma qualcuno ti aiuta a fare le pulizie di casa?,…..ma non ti manca la mamà?”
Gli zii, uomini di terra, avrebbero concentrato il dialogo sulle seguenti questioni: “miii…..cchi panza a fattu?,….a ta passi bonu a Milano,…..e i fimmini, comu su i fimmini? ……Ce l’hai la zita?,…..o come sempre stai con le fimmini per addivertirti?”
Mancavano pochi giorni ma già stava male!
Occorreva rilassarsi, era necessario distrarsi, magari andare in qualche centro benessere o farsi fare qualche massaggio shatzu, o qualche seduta di yoga.
Chissà perché, non gli passava per la testa punzonare con qualche fimmina!
Agatino, stai perdendo colpi? Comincia l’era della bandiera a mezz’asta?
“Dove vado?...con chi ci vado?...oggi o domani,….di mattina o di pomeriggio….ma devo spendere per forza?....cosa posso fare di gratis?”
Oh Agatino, ma che succede? Ti è andato in loop il cervello?
La domanda è una e semplice: cosa ti piace di più in questo momento?
“Scelto, domani pomeriggio vado da solo al centro benessere!”
Finalmente si è deciso!! Ma ancora di più, conoscendolo, si rimane stupiti…l’idea di dovere tornare a casa in Sicilia l’ha cortocircuitato!!
La mattina successiva, come tutti i giorni, il dott. Sapuppo si alza di buonora, fa colazione, si lava e si veste. Poiché è in malattia, con molta calma esce di casa, va dal giornalaio, s’accatta il giornale e s’assitta alla prima panchina libera che attrova al parco. Quindi dà un’occhiata a tutte le fimmini che passano, in particolare alle mammine che portano i bimbi a giocare sul prato.
Alle 12, assai rilassato e informato su quanto accaduto nel mondo, torna a casa e si prepara il pranzo, oggi un poco leggero visto l’impegno alla spa.
Nel primissimo pomeriggio, dopo una breve pennichella davanti alla TV, prende la borsa e si dirige con calma verso il centro benessere La Collinetta, sito in un ridente paesino della Brianza con vista sulla Grigna, Grignetta e Resegone.
Alle 16, era appena entrato in piscina che già si sentiva un pascià: il mondo sarebbe potuto crollare, ma lui era un dio. Non aveva pensieri, il testosterone era ben sotto il livello di guardia, gli occhi socchiusi e i muscoli del collo rilassati.
C’era poca gente, poche donne, molte delle quali over 55 e questo andava a favore del suo ormone sessuale che stava placido e si ricaricava come la pila di un telefonino.
Il dott. Sapuppo passava da una piscina all’altra, da quella coperta a quella scoperta, da quella con acqua calda a quella con acqua fredda, da quella con acqua salata a quella con acqua dolce. Giusto per interrompere la routine si concedeva qualche seduta in sauna, prima quella con aromi al pino alpino, poi quella al salgemma, quindi quella al fieno, infine quella all’eucalipto, una vera manna per i polmoni.
Come ultimo passaggio, prima di tornare a casa, dopo tre ore di cazzeggio, decise di andare nella “stanza della pace”: un salotto buio, con una decina di materassi ad acqua, dove su maxi schermi venivano proiettati immagini di ruscelli, cascate, corsi d’acqua turbolenti, e una soave musica in sottofondo che placava gli ultimi stati di tensione qualora ci fossero ancora stati.
Ma c’è un problema: il rischio di rilassarsi troppo!
Manco a dirlo. Agatino, entrò che era già in uno stato celebrare celestiale, quasi appartenente a un altro mondo. Si accomodò con dolcezza al materasso, quindi, aiutato dalla musica cominciò a fare volare il pensiero. E vola che ti rivola, il sogno prese il sopravvento sulla realtà.
Alle 23, orario di chiusura, l’addetta alla sicurezza entra nella stanza e lo chiama:
“Signore, mi scusi signore!”….”E’ ora di andare via, dobbiamo chiudere!”
Ma il dott. Sapuppo ronfava che era un piacere, come un bambino tra le braccia della madre.Perché svegliare un angioletto?
Li considera di basso profilo sociale, dei “provincialotti”, persone di scarso livello umano, economicamente benestanti ma culturalmente ignoranti. Fra tutti i parenti, naturalmente, si salvano la mamma e il papà. La mamma, come tutte le mamme del sud, ha verso il figlio maschio un’attenzione asfissiante, ben oltre la venerazione. Chiama il figlio due, tre volte al giorno, per sapere cosa fa, come lo fa, dove va, come ci va, con chi esce, con chi mangia, come si veste,…….
Il papà, per definizione, è un punto di riferimento: il migliore, il più bravo, quello che nella vita ha sbagliato meno, quello che a lavoro si è distinto di più per costanza, per impegno, per solidarietà verso i colleghi, per empatia,…..
Insomma, di fronte a mamma e papà, tutto passa in secondo piano.
E fu così che in una tarda mattinata di una bella giornata assolata e calda, Agatino riceve una telefonata inattesa. Di solito, la mamma chiama alle 10, alle 17 e alle 22. Ora, invece, erano le 12. Chi sarà mai a chiamare!
“Pronto? Chi parla?”
“Tinuzzu, a mamà sugnu!
“Mamà, e picchì mi chiami astura, cchi successi?”
“T’arrioddi ca a prossima simana, o sabbutu, si marita Nunzia?”
“Nunzia cui?”
“Comu Nunzia cui? Tò cucina, me niputi! Chiffà tu scurdasti? Figghiu miu, di quannu t’innisti a stari o Nord hai pirdutu i siensi!”
“No no, quannu mai, e ca stava pinsannu cu u sapi a cchi! Tranquilla, ni viremu venerdì matina all’aeroporto”
“Vabbè, appoi ti mitti d’accordu cco papà. Ti salutu, stamma accura!”
Agatino, fece la parte del distratto, ma aveva completamente dimenticato il matrimonio della cugina. D’altronde, non godendo di particolari simpatie verso la parentela tutto andava nel dimenticatoio.
Sta di fatto che conclusa la telefonata con la mamma, Agatino Sapuppo si fionda al pc e si collega a internet per cercare un volo MI-CT.
Prima con voli di linea nazionali, diretti e con scalo, ma nulla da fare. Niente voli e quei pochi a prezzo pieno. Allora cerca voli low cost, con partenze a orari assurdi e da aeroporti che rientrano nell’area del nord Italia, altro che MI e dintorni.
MI, BG, BO, BS, TO, GE, TV, FC….ma quanto minchia costano questi aerei!
Alla fine, dopo un’ora di ricerche, trova un volo MI-CT, partenza da Malpensa alle 6 del mattino con una sconosciuta compagnia aerea albanese. E comunque, il volo andata e ritorno costa € 389,00 più il trasferimento in taxi da casa all’aeroporto, visto che la metropolitana milanese comincia il suo servizio giornaliero alle 5,45.
Meglio non dare questa informazione alla mamma, altrimenti si preoccupa, si agita e non dorme per una settimana.
Ma Agatino non riusciva a digerirlo sto viaggio: spendere per un matrimonio di cui non gli interessava niente, alzarsi al mattino presto, rivedere le zie che tutte le volte passavano il tempo a sbaciucchiarlo, gli chiedevano informazioni che dimenticavano un istante dopo e poi, sempre le solite frasi: “ti vedo stanco, sei sciupato,….ma che fai non mangi?,…..stai imbiancando,….. hai le occhiaie,…..ma chi ti prepara la sera?,…….e chi ti stira le camicie?,……ma qualcuno ti aiuta a fare le pulizie di casa?,…..ma non ti manca la mamà?”
Gli zii, uomini di terra, avrebbero concentrato il dialogo sulle seguenti questioni: “miii…..cchi panza a fattu?,….a ta passi bonu a Milano,…..e i fimmini, comu su i fimmini? ……Ce l’hai la zita?,…..o come sempre stai con le fimmini per addivertirti?”
Mancavano pochi giorni ma già stava male!
Occorreva rilassarsi, era necessario distrarsi, magari andare in qualche centro benessere o farsi fare qualche massaggio shatzu, o qualche seduta di yoga.
Chissà perché, non gli passava per la testa punzonare con qualche fimmina!
Agatino, stai perdendo colpi? Comincia l’era della bandiera a mezz’asta?
“Dove vado?...con chi ci vado?...oggi o domani,….di mattina o di pomeriggio….ma devo spendere per forza?....cosa posso fare di gratis?”
Oh Agatino, ma che succede? Ti è andato in loop il cervello?
La domanda è una e semplice: cosa ti piace di più in questo momento?
“Scelto, domani pomeriggio vado da solo al centro benessere!”
Finalmente si è deciso!! Ma ancora di più, conoscendolo, si rimane stupiti…l’idea di dovere tornare a casa in Sicilia l’ha cortocircuitato!!
La mattina successiva, come tutti i giorni, il dott. Sapuppo si alza di buonora, fa colazione, si lava e si veste. Poiché è in malattia, con molta calma esce di casa, va dal giornalaio, s’accatta il giornale e s’assitta alla prima panchina libera che attrova al parco. Quindi dà un’occhiata a tutte le fimmini che passano, in particolare alle mammine che portano i bimbi a giocare sul prato.
Alle 12, assai rilassato e informato su quanto accaduto nel mondo, torna a casa e si prepara il pranzo, oggi un poco leggero visto l’impegno alla spa.
Nel primissimo pomeriggio, dopo una breve pennichella davanti alla TV, prende la borsa e si dirige con calma verso il centro benessere La Collinetta, sito in un ridente paesino della Brianza con vista sulla Grigna, Grignetta e Resegone.
Alle 16, era appena entrato in piscina che già si sentiva un pascià: il mondo sarebbe potuto crollare, ma lui era un dio. Non aveva pensieri, il testosterone era ben sotto il livello di guardia, gli occhi socchiusi e i muscoli del collo rilassati.
C’era poca gente, poche donne, molte delle quali over 55 e questo andava a favore del suo ormone sessuale che stava placido e si ricaricava come la pila di un telefonino.
Il dott. Sapuppo passava da una piscina all’altra, da quella coperta a quella scoperta, da quella con acqua calda a quella con acqua fredda, da quella con acqua salata a quella con acqua dolce. Giusto per interrompere la routine si concedeva qualche seduta in sauna, prima quella con aromi al pino alpino, poi quella al salgemma, quindi quella al fieno, infine quella all’eucalipto, una vera manna per i polmoni.
Come ultimo passaggio, prima di tornare a casa, dopo tre ore di cazzeggio, decise di andare nella “stanza della pace”: un salotto buio, con una decina di materassi ad acqua, dove su maxi schermi venivano proiettati immagini di ruscelli, cascate, corsi d’acqua turbolenti, e una soave musica in sottofondo che placava gli ultimi stati di tensione qualora ci fossero ancora stati.
Ma c’è un problema: il rischio di rilassarsi troppo!
Manco a dirlo. Agatino, entrò che era già in uno stato celebrare celestiale, quasi appartenente a un altro mondo. Si accomodò con dolcezza al materasso, quindi, aiutato dalla musica cominciò a fare volare il pensiero. E vola che ti rivola, il sogno prese il sopravvento sulla realtà.
Alle 23, orario di chiusura, l’addetta alla sicurezza entra nella stanza e lo chiama:
“Signore, mi scusi signore!”….”E’ ora di andare via, dobbiamo chiudere!”
Ma il dott. Sapuppo ronfava che era un piacere, come un bambino tra le braccia della madre.Perché svegliare un angioletto?
lunedì 11 gennaio 2010
La bellezza dell'Ortles a Natale
venerdì 8 gennaio 2010
Le avventure del dott. Sapuppo n.3
Agatino Sapuppo, ancora convalescente dopo la minchiata del pugno contro la mensola dell’ufficio, trascorre le sue giornate come un baby pensionato.
Ogni mattina, dopo essersi svegliato, sempre di buonora, si alza, fa colazione, si lava, si veste, esce di casa per farsi una passeggiata, s’accatta il giornale, se lo legge assittato a una panchina del parco giochi comunale, quindi verso mezzogiorno si dirige verso casa. Ha una mano funzionante e una bloccata dalla rigida fasciatura. Gli ultimi accertamenti fatti hanno dimostrato che, la frattura, per il delicato punto in sui s’è verificata, tarda a rimarginarsi e che pertanto occorre molta pazienza e soprattutto tanta terapia per riprendere la normale articolazione.
A differenza di un normale pensionato, vista la giovane età ha gli ormoni che pulsano con regolarità e il testosterone che puntualmente raggiunge i suoi picchi.
Agatino, noto punzonatore e strapazza fimmini, non ha bisogno di aiuti chimici o note pillole blu per mantenere la sua mascolinità, e la mano inferma non è di sicuro un ostacolo alla sua normale attività fimminara, ma solo un piccolo ostacolo all’esercizio pratico del corteggiamento finale. Come tutti i donnaioli che si rispettino, è stato capace di sfruttare un incidente di percorso a suo vantaggio. La mano morta è diventata così, una opportunità per farsi consolare e coccolare….e lui per ricambiare “bagnava il biscotto”!!
Nel corso delle sue mattinate trascorse al parco aveva conosciuto una piacevole ragazza, matura, con cui senza perdere tempo aveva iniziato a scambiare qualche parola. La giovane donna matura, di nome Shyla, di origini coreane, aveva gli occhi a mandorla, i capelli neri, piccola di statura ma molto formosa, ancora più evidente grazie agli abitini succinti che indossava.
Per Agatino Sapuppo, più che un colpo di fulmine fu proprio una saetta: appena vista, la puntò e l’approcciò. L’obiettivo era uno solo, il solito!!
Giorno dopo giorno i due trascorrevano sempre più tempo: si vedevano al mattino, quando la giovane andava nel suo ufficio presso l’assessorato alla pubblica istruzione del comune, si incontravano nuovamente alle 10,30 per la pausa caffè, qualche volta andavano a pranzare insieme.
Tra i due era nato un certo feeling, lei chiamava lui Il Maschione, lui chiamava lei La Cinesina. Pur non essendo particolarmente giovani, si comportavano come due adolescenti innamorati: gli occhi lucidi, le frasi dolci, i gesti affettuosi.
Ma mentre Il Maschione aveva come obiettivo il suo unico obiettivo, La Cinesina aveva sì anche lei lo stesso scopo, ma cominciava ad innamorarsi e lo si vedeva da come parlava con le colleghe in ufficio, da cosa raccontava, anche particolari, da come si vestiva, dalla cura eccessiva per il suo corpo.
La Cinesina, ormai privata delle sue facoltà razionali, andava dicendo che un uomo dall’accento del sud, si era innamorato pazzamente di lei, del suo fisico asciutto e prosperoso, del suo profumo intenso, e che voleva sposarla a tutti i costi.
“Ma dimmi un po’, come è fatto costui” disse la sua bella collega bionda di nome Consuelo, incuriosita da tante descrizioni dettagliate.
“Uhè, ma cosa ti importa” rispose la Cinesina, un po’ inasprita dalla curiosità della collega “tu sei già bella e sistemata, in più sei in attesa, cosa cerchi ancora?”.
“Ma niente, solo la curiosità” ribattè un po’ imbarazzata Consuelo, “So bene di avere compagno e che ci amiamo tanto, anzi, ora che aspettiamo una bimba ancora più di prima….mah, piuttosto tu, che ancora sei a caccia, non è che per caso vorresti incastrare anche questo?”
“Ma come ti permetti così tanta insolenza?” continuò Shyla, sempre più impettita “io sono donna seria, e poi se sono così bella che tutti gli uomini mi vogliono conoscere, mica è una colpa, no?”
“Convinta tu!” rispose con un sorriso ironico Consuelo, consapevole della spavalderia della collega di ufficio. “Comunque”, continuò la bionda, “fossi in te, mi accerterei prima di chi si tratta, da dove viene, cosa fa, perché ti desidera così tanto. Coi tempi che corrono oggi!”
“Non penso che mi desideri solo per possedere il mio corpo. E’ il suo cuore che batte per me!!”
L’avesse sentito Agatino Sapuppo si sarebbe fatto una risata grassa.
Ma quale cuore, era il testosterone che pulsava e voleva scaricarsi!!! Pareva un leone in gabbia, un cavallo che scalpitava, un lupo su una rupe in una notte di luna piena.
Agatino non vedeva una donna con un corpo esplosivo, vedeva un insieme di organi da favola collegati da tessuto organico.
Però più i due si incontravano e più cresceva la disarmonia: lei guardava la luna e lui ammirava le “dune”, lei lo fissava negli occhi e lui toccava le cosce, lei parlava di affetto e lui pensava al letto.
Dopo poco più di un mese era evidente agli occhi del mondo che il loro stare insieme era a tempo determinato, giusto il necessario che Agatino conoscesse qualcun’altra e piantasse questa.
D’altronde, quel gran pezzo d’uomo che era il dott. Sapuppo, salvo qualche rara eclissi mentale, come il pugno sulla mensola, era uomo di cultura e di scienza, apparentemente sano, che però doveva scaricare le tensioni e le frustrazioni legate soprattutto ai suoi problemi di vista. E lo faceva con le donne. Ma non donne qualunque, ma fimmini di prima qualità. Mai una prostituta, mai una donna che non fosse riconosciuta essere bella. Da quando, poi, da giovane, ebbe l’imprevisto di diventare padre, tra l’altro con la donna meno bella tra tutte quelle che aveva avuto, la sua rabbia verso le mediocri crebbe ancora di più.
E siccome La Cinesina, tra tutte le donne “avute” rientrava in fondo nella classe delle mediocri, nasce spontanea una domanda: “Ma Agatino c’hai così tanta fame? Sei partito per la guerra?”
Agatino, fraternamente ti suggeriamo di riposarti, riprendere l’articolazione della mano, fare degli impacchi di ghiaccio sulle tue parti “strategiche” e poi quando sarai ritornato come Big Jim, riprendere la tua attività fimminara.
Ogni mattina, dopo essersi svegliato, sempre di buonora, si alza, fa colazione, si lava, si veste, esce di casa per farsi una passeggiata, s’accatta il giornale, se lo legge assittato a una panchina del parco giochi comunale, quindi verso mezzogiorno si dirige verso casa. Ha una mano funzionante e una bloccata dalla rigida fasciatura. Gli ultimi accertamenti fatti hanno dimostrato che, la frattura, per il delicato punto in sui s’è verificata, tarda a rimarginarsi e che pertanto occorre molta pazienza e soprattutto tanta terapia per riprendere la normale articolazione.
A differenza di un normale pensionato, vista la giovane età ha gli ormoni che pulsano con regolarità e il testosterone che puntualmente raggiunge i suoi picchi.
Agatino, noto punzonatore e strapazza fimmini, non ha bisogno di aiuti chimici o note pillole blu per mantenere la sua mascolinità, e la mano inferma non è di sicuro un ostacolo alla sua normale attività fimminara, ma solo un piccolo ostacolo all’esercizio pratico del corteggiamento finale. Come tutti i donnaioli che si rispettino, è stato capace di sfruttare un incidente di percorso a suo vantaggio. La mano morta è diventata così, una opportunità per farsi consolare e coccolare….e lui per ricambiare “bagnava il biscotto”!!
Nel corso delle sue mattinate trascorse al parco aveva conosciuto una piacevole ragazza, matura, con cui senza perdere tempo aveva iniziato a scambiare qualche parola. La giovane donna matura, di nome Shyla, di origini coreane, aveva gli occhi a mandorla, i capelli neri, piccola di statura ma molto formosa, ancora più evidente grazie agli abitini succinti che indossava.
Per Agatino Sapuppo, più che un colpo di fulmine fu proprio una saetta: appena vista, la puntò e l’approcciò. L’obiettivo era uno solo, il solito!!
Giorno dopo giorno i due trascorrevano sempre più tempo: si vedevano al mattino, quando la giovane andava nel suo ufficio presso l’assessorato alla pubblica istruzione del comune, si incontravano nuovamente alle 10,30 per la pausa caffè, qualche volta andavano a pranzare insieme.
Tra i due era nato un certo feeling, lei chiamava lui Il Maschione, lui chiamava lei La Cinesina. Pur non essendo particolarmente giovani, si comportavano come due adolescenti innamorati: gli occhi lucidi, le frasi dolci, i gesti affettuosi.
Ma mentre Il Maschione aveva come obiettivo il suo unico obiettivo, La Cinesina aveva sì anche lei lo stesso scopo, ma cominciava ad innamorarsi e lo si vedeva da come parlava con le colleghe in ufficio, da cosa raccontava, anche particolari, da come si vestiva, dalla cura eccessiva per il suo corpo.
La Cinesina, ormai privata delle sue facoltà razionali, andava dicendo che un uomo dall’accento del sud, si era innamorato pazzamente di lei, del suo fisico asciutto e prosperoso, del suo profumo intenso, e che voleva sposarla a tutti i costi.
“Ma dimmi un po’, come è fatto costui” disse la sua bella collega bionda di nome Consuelo, incuriosita da tante descrizioni dettagliate.
“Uhè, ma cosa ti importa” rispose la Cinesina, un po’ inasprita dalla curiosità della collega “tu sei già bella e sistemata, in più sei in attesa, cosa cerchi ancora?”.
“Ma niente, solo la curiosità” ribattè un po’ imbarazzata Consuelo, “So bene di avere compagno e che ci amiamo tanto, anzi, ora che aspettiamo una bimba ancora più di prima….mah, piuttosto tu, che ancora sei a caccia, non è che per caso vorresti incastrare anche questo?”
“Ma come ti permetti così tanta insolenza?” continuò Shyla, sempre più impettita “io sono donna seria, e poi se sono così bella che tutti gli uomini mi vogliono conoscere, mica è una colpa, no?”
“Convinta tu!” rispose con un sorriso ironico Consuelo, consapevole della spavalderia della collega di ufficio. “Comunque”, continuò la bionda, “fossi in te, mi accerterei prima di chi si tratta, da dove viene, cosa fa, perché ti desidera così tanto. Coi tempi che corrono oggi!”
“Non penso che mi desideri solo per possedere il mio corpo. E’ il suo cuore che batte per me!!”
L’avesse sentito Agatino Sapuppo si sarebbe fatto una risata grassa.
Ma quale cuore, era il testosterone che pulsava e voleva scaricarsi!!! Pareva un leone in gabbia, un cavallo che scalpitava, un lupo su una rupe in una notte di luna piena.
Agatino non vedeva una donna con un corpo esplosivo, vedeva un insieme di organi da favola collegati da tessuto organico.
Però più i due si incontravano e più cresceva la disarmonia: lei guardava la luna e lui ammirava le “dune”, lei lo fissava negli occhi e lui toccava le cosce, lei parlava di affetto e lui pensava al letto.
Dopo poco più di un mese era evidente agli occhi del mondo che il loro stare insieme era a tempo determinato, giusto il necessario che Agatino conoscesse qualcun’altra e piantasse questa.
D’altronde, quel gran pezzo d’uomo che era il dott. Sapuppo, salvo qualche rara eclissi mentale, come il pugno sulla mensola, era uomo di cultura e di scienza, apparentemente sano, che però doveva scaricare le tensioni e le frustrazioni legate soprattutto ai suoi problemi di vista. E lo faceva con le donne. Ma non donne qualunque, ma fimmini di prima qualità. Mai una prostituta, mai una donna che non fosse riconosciuta essere bella. Da quando, poi, da giovane, ebbe l’imprevisto di diventare padre, tra l’altro con la donna meno bella tra tutte quelle che aveva avuto, la sua rabbia verso le mediocri crebbe ancora di più.
E siccome La Cinesina, tra tutte le donne “avute” rientrava in fondo nella classe delle mediocri, nasce spontanea una domanda: “Ma Agatino c’hai così tanta fame? Sei partito per la guerra?”
Agatino, fraternamente ti suggeriamo di riposarti, riprendere l’articolazione della mano, fare degli impacchi di ghiaccio sulle tue parti “strategiche” e poi quando sarai ritornato come Big Jim, riprendere la tua attività fimminara.
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