domenica 29 novembre 2009

Film in spagnolo n.3

TODO EL BIEN DEL MUNDO
di Alejandro Agresti

Una donna scopre dopo più di venti anni che suo marito che credeva morto è invece vivo e abita in un piccolo paese del sud dell’Argentina. I due si erano conosciuti da giovani frequentando un movimento rivoluzionario e grazie all’attività politica svolta insieme si erano innamorati e avevano deciso di sposarsi. Ma presto l’uomo, spinto dai suoi ideali rivoluzionari aveva lasciato la famiglia alla ricerca di un mondo migliore, un mondo più giusto. Dopo aver toccato però con mano il fallimento degli ideali decide di scappare e di rifugiarsi in un piccolo paese dove inizia a lavorare come panettiere.
L’uomo è un personaggio noto in paese, tutti lo stimano, ma nessuno, compresi i suoi migliori amici, sanno del suo passato.
La moglie, quando scopre dove vive il marito si mette in viaggio con la figlia ventenne, e con l’altra figlia avuta da una relazione successiva. Insieme tenteranno di riallacciare un rapporto con il marito e padre e gli offriranno la possibilità di ricongiungersi con la famiglia.
Il film, a mio modo di vedere, descrive in maniera appassionante e chiara, con l’aiuto delle colonne sonore, il dramma della libertà di un uomo costretto a riconoscere il fallimento dei suoi progetti. In una scena, l’uomo confessa di aver lottato per un suo ideale di felicità fatto di un mondo più giusto e migliore e che invece scopre di avere tanta paura e di rimanere sempre più solo.
La figura della moglie è fondamentale, un muro portante, perchè anche dopo venti anni, vede in suo marito l’uomo con cui ha fatto una scelta di vita e pertanto si batte per riportarlo a sé. Dallo sguardo della donna traspare l’amore che ella prova per l’uomo, nonostante gli anni e le vicende trascorse.
E’ affascinante la figura della figlia, che non ha mai conosciuto il padre, perché quando è andato via la mamma era ancora incinta di lei. Sonia non sa cosa voglia dire avere un padre, ma attraverso la madre sa quanto egli sia comunque importante e pertanto lo desidera. Si mette in moto anche lei per conquistarlo e gli scrive una lettera appassionante, semplice ma toccante.
E’ la goccia che fa traboccare il vaso: l’uomo, evidentemente toccato nel profondo del suo cuore, riconosce di avere sbagliato tutto e sceglie di rimettersi in gioco.
Personalmente sono certo che il cuore dell’uomo non tradisce mai, e che l’uomo quando lo asseconda persegue la sua felicità.
Il film si conclude con un lieto fine, tutt’altro che la tradizionale americanata: il padre raggiunge la famiglia nel bar in cui sta cenando, e il primo piano della madre, sbalordita e spiazzata di fronte alla visione dell’uomo, descrive chiaramente la gioia per un marito ritrovato, un padre conquistato, un uomo che ha scelto di ricominciare.

mercoledì 18 novembre 2009

Libri letti n.4

IO SONO L’ARGILLA
di Chaim Potok

Il romanzo è ambientato durante la Guerra di Corea, quando i cinesi e l’esercito del nord invadono e dilagano a sud. La storia narra la fuga dal loro villaggio di un vecchio contadino e di sua moglie che, durante il cammino, si imbattono casualmente in un ragazzino privo di sensi e coperto di sangue abbandonato lungo il fossato a margine della strada. Da quell’incontro, insperato e indesiderato, inizia un cammino che porta i tre protagonisti ad affrontare insieme il dramma della fuga e gli orrori della guerra. Emerge in maniera forte, la differenza di carattere tra il vecchio, scettico e diffidente verso il ragazzo, l’istintività materna della donna che accudisce il giovane come fosse un figlio e la natura buona del ragazzo che si prende cura e accompagna con generosità i due vecchi che lo hanno salvato. L’odissea che affronta questa “famiglia” di profughi delinea anche il contrasto tra l’universo contadino e la devastazione prodotta dalle moderne tecnologie, quasi a contrapporre la differenza tra la cultura spirituale orientale e la cultura materialista dell’occidente.
La componente spirituale è il punto di forza che guida i due vecchi, soprattutto la donna, che in molte occasioni evoca gli spiriti buoni della terra e del cielo, gli spiriti buoni della valli e delle pianure tanto che spesso si scopre a canticchiare una canzone che aveva imparato da piccola: “ Have thine own way Lord have thine own way thou art the potter I am the clay” (Fa a modo tuo Signore a modo tuo io sono l’argilla e tu il vasaio).

martedì 3 novembre 2009

Ascensione sulla Grignetta

Dopo il Grignone abbiamo raggiunto la Grignetta. Così, avendo conquistato le vette dei monti simbolo della Lombardia, io e il mio amico Ricky, friulano, abbiamo ottenuto a tutti gli effetti la “cittadinanza” lombarda. Siamo dei lumbard di adozione.
Il titolo ci è stato conferito da Renzo, nostra guida nelle scalate, lumbard da generazioni.
Sabato siamo partiti alle 6 del mattino per fare in modo che si arrivasse al Rifugio Porta, punto di partenza della passeggiata, entro le 8.
La giornata era prevista assolata con temperature calde: forse, così è stato in tutta la provincia di Milano e Lecco, salvo sulla Grignetta, dove la nuvola dell’impiegato di nota tradizione fantozziana ci ha perseguitato.
La nostra passeggiata si è svolta in una giornata assai fresca, a tratti fredda, con molte nuvole grigie che non ci hanno concesso di goderci il panorama circostante.

La nostra passeggiata si è svolta in una giornata assai fresca, a tratti fredda, con molte nuvole grigie che non ci hanno concesso di goderci il panorama circostante.
Abbiamo percorso i sentieri 8 e 11, noti come della Direttissima, passando per la Valle Scarettone. Il tragitto si snoda lungo le pareti della Grignetta mediante una ferrata attrezzata di catene, funi e scale, poiché molti passaggi sono esposti, e in qualcuno è il caso di non guardare sotto, ma solo la parete che hai davanti.
Io e Ricky ci siamo dotati di casco, addirittura lui aveva l’imbracatura…non si sa mai!
L’approccio alla Direttissima non è dei più morbidi, poiché si comincia con una scala di ferro di circa 30 gradini con i primi 10 pioli inclinati verso l’esterno. Superato questo primo ostacolo, soprattutto di carattere psicologico, il resto del cammino è arduo, dove contano buona resistenza fisica ed esperienza, però affascinante all’inverosimile, e comunque accessibile a molti.


(Renzo affronta la prima gola stretta)



(Ricky e Michele alle prese con le prime catene)





(tanto per cominciare una scala)













(sapete quanto è alto lo strapiombo?)



Dopo 3 ore di cammino, qualche botta sulle ginocchia e alcuni sassi scansati per miracolo, siamo arrivati in cima alla Grignetta, dove è ubicato un bivacco davvero strano: sembra una navicella spaziale, il LEM dell’allunaggio, d’acciaio fuori rivestita di legno all’interno. Siamo rimasti in cima per circa 45 min. nella speranza che il sole fosse clemente con noi. E invece no, stavolta, tranne uno sprazzo appena giunti in vetta, siamo rimasti avvolti dai nuvoloni, che hanno reso l’ambiente ancora più particolare: sembravamo sospesi nel vuoto.
Al ritorno abbiamo deciso di intraprendere un percorso più tranquillo, definito da noi il sentiero dei pigri.
Di ritorno a casa, il sole si è ripresentato e ci ha riscaldati, quasi come a dire di non perdere la speranza che la prossima volta andrà meglio. Anche per questo, già in macchina, pensavamo alla prossima meta.