venerdì 28 dicembre 2012

Fuga dall'isola....che non c'è


Sono nato e vissuto in una città di mare.
Sono un uomo di mare!
Il mare per me è tutto, è vita. Sin da piccolo ho coltivato sogni di gloria attraverso il mare.

Sognavo di girare il mondo e visitare tanti posti: speravo di lavorare su una grossa portaerei, tipo Eisenhower, dare il segnale di via libera agli aerei che decollavano e atterravano sventolando le bandierine. Ma sognavo anche di lavorare su una nave da crociera, una di quelle città galleggianti dotate di ogni comfort possibile e immaginabile, conoscere tanta gente, soprattutto molte donne, godersela.
Non mi dispiaceva l'idea di navigare su uno yacht, di quelli enormi, appartenenti a uno dei tanti multimilionari, che lo usano solo otto, nove giorni l'anno nei posti più disparati ed esclusivi del mondo solo per fare vedere che loro, si che sono potenti e possono scegliere dove trascorrere le vacanze: perchè, salvo quei pochi giorni in cui a bordo c'era il padrone, poi, sarei stato io coi miei colleghi, il vero padrone dello yacht, attraversare i mari in lungo e in largo, andare dai Caraibi alle Seychelles, dalle Mauritius alle Hawaii, dall'isola di Tonga a Zanzibar, e incontrare il padrone laddove aveva deciso di imbarcarsi! In realtà, mi sono piaciute sempre le barche a vela, e nei miei sogni mi sono visto più volte a bordo di un trentasette o un cinquanta piedi a solcare il mare Mediterraneo da nord a sud, da est a ovest. Chissà magari avrei ripercorso le gesta di Giovanni Soldini o addirittura sarei stato un nuovo Francesco De Angelis o Paul Cayard e timonare una barca all'America's Cup.
Poi a conclusione, ormai vecchio e vissuto, mi vedevo a bordo di una piccola imbarcazione, a godermi il mare, le sue onde, i suoi flutti, il suo odore, un po' come il pescatore, protagonista de “Il vecchio e il mare” di Heminqway.
Mettiamola come vogliamo ma al centro di tutto c'è sempre stato il mare.

Con molta umiltà ma forte caparbietà ho cominciato a studiare nautica, prima alle scuole professionali, poi ho deciso di intraprendere la facoltà di ingegneria nautica. Conclusasi brillantemente la mia esperienza universitaria mi sono scontrato con il mondo del lavoro.
Ma cosa cazzo vuoi che faccia un ingegnere nautico!! Quanti cantieri pensi che ci siano in giro? O finisci presso i cantieri Azimut o lavori alla Fincantieri.
In realtà ho cominciato a lavorare presso un piccolo cantiere navale ligure, dove progettavo modeste barche da diporto, ma è stato bello e interessante per l'esperienza. Poi, sono andato a lavorare presso un grosso cantiere finlandese, dove realizzavamo traghetti, di quelli che solcano il Mare Baltico e toccano i principali porti dei paesi scandinavi. Posti fantastici!. Mi è capitato una volta di presiedere il collaudo di un traghetto in pieno inverno....che freddo!
Casualmente mi è giunta una proposta di lavoro da una interessante compagnia di navigazione, una di quelle che organizza crociere in tutto il mondo, per occuparmi dello sviluppo dell'immagine dell'azienda tout court e in particolare presso un certo tipo di clientela. Per cominciare mi sono dovuto imbarcare e fare da assistente al comandante di una grosso transatlantico.
Wow!! E' un sogno o una inculata?
Mi imbarco da Civitavecchia il primo giorno di primavera.
Forse sono davvero bravo, forse sono molto fortunato, forse la passione per il mare mi fa bruciare le tappe.
A quarantanni sono al top. Sono l'immagine dell'azienda e i clienti identificano la compagnia di navigazione con la mia faccia.
Ma si sa, quando si fa carriera velocemente questo infastidisce sempre qualcuno. C'è sempre un orca assassina appostata e ben mimetizzata sotto il pelo libero del mare pronta a trascinarti in acqua al minimo passo falso.
Anche io ho avuto la mia orca assassina e purtroppo, per me, mi ha tirato al fondo!!

Perché in realtà la cosa peggiore per un uomo di mare, è rimanere naufrago.
Già, e io sono tale in questo momento!
Un naufrago in mezzo a un mare forza 8!!
Uno la cui nave è stata affondata in pochi minuti non da un iceberg o da uno scoglio non visto ma piuttosto da un gommone talebano carico di esplosivo, che in piena notte, una notte calda e stellata, si è lanciato sulla mia poppa creandomi uno squarcio non riparabile.
Sicuramente è stato un talebano camuffato da cordiale collaboratore, uno di quelli che ti invita a prendere il caffè, pranzare assieme, che ti suggerisce e condivide le tue scelte, che fino a un istante prima asseconda le decisioni.
Il peggiore dei nemici! Di quelli che se lo smascheri in tempo, gli fai mangiare tanta di quella merda.....Uno stronzo!!
Sono colato a picco in pochi istanti. Quel talebano sapeva bene dove colpire, sapeva che non avrei avuto scampo...ha puntato dritto al “tallone d'Achille” della nave. Maledetto!
E così, ora, mi trovo su un'isola deserta, armato solo di cellulare, benedetto cellulare, e di molta solitudine.
Si, la solitudine: da molte settimane, ormai, sperimento la solitudine peggiore, non quella fisica perchè....quella non guasta a volte, ma quella umana.
Solo di fronte al destino, solo di fronte alle tue scelte, solo di fronte al tuo dolore, solo di fronte allo sconforto che spesso si fa vivo, senza alcuno che raccolga le tue ansie, le tue confessioni, i tuoi sfoghi, privo di qualcuno che ti conforti e abbia parole di affetto.
Solo come un cane abbandonato!

Ho lanciato molti SOS: qualcuno è stato raccolto, molti sono andati a vuoto, altri hanno promesso aiuti a breve ma non sono mai arrivati, solo qualcuno mi ha detto che ha ricevuto la mia richiesta di aiuto e che si sta impegnando per trovare qualcuno che mi venga in soccorso.
L'isola non è nemmeno abitata: segno di vita umana, zero!!
Giusto qualche animale, spero innocuo per l'uomo, ma di bipedi pensanti neanche l'ombra.

Ma dove cazzo si trova quest'isola? Neanche il mio smartphone la trova.
Quando provo a localizzarmi il GPS impazzisce, se potesse mi risponderebbe alla Bennato: “Guarda, io non ti trovo però so la strada: << Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta dritto all'isola che non c'è!...>>”.
Già, l'isola che non c'è!
Sembra un posto che non ha luogo su questa benedetta terra!
Noi uomini, abbiamo la pretesa di dire che conosciamo tutto, anche i posti più reconditi della geografia terrestre e umana, ma la verità è che ci facciamo grandi di quel poco che conosciamo, e poi, ci sono praterie enormi sconosciute.

Cosa fai, da solo, in questi momenti?
Ti metti sulla spiaggia e contempli l'orizzonte? Why not? Anche!
Ti ripeti le litanie?: “che sfiga!,....ma perchè io!,...con tutte le navi che ci sono?...perchè sono stato affondato?, ...chi è stato?”,...e ancora, scendendo velocemente nel baratro: “non sono capace di stare al mondo!,...a quello non dovevo dargli fiducia,...quel coglione non era capace...non so capire le persone...ho sbagliato qui, ho sbagliato lì...”. A volte succede di recitare questo rosario laico!
Imprechi? Ma perchè! Rifiuti l'Unico che ti ascolta?
Ti scavi una buca nella sabbia? Mai, soffro di claustrofobia!
Molti in questi giorni hanno provato a chiamarmi sul telefono, ma confesso che tanti potevano farne a meno.
Quando è andata bene, mi sono sentito dire che purtroppo non sono l'unico disperso, anzi, io sono su un isola, che non si trova, ma pare ci siano tanti naufraghi a mollo per l'oceano. E allora? Stiamo per caso giocando a “Indovina chi c'è in acqua?”. A me non è mai piaciuto il detto “mal comune mezzo gaudio”! In gioco c'è la mia vita, e la mia vita è stata data a me, non è stata data in condivisione con qualcun'altro!
Altre volte mi sono sentito dare le istruzioni d'uso per scappare da questa isola: ma caro amico, se non sai dove sono, come fai a dirmi cosa devo fare, come e quando devo muovermi? In questi casi, il mio interlocutore, per riprendersi dall'enorme minchiata che ha detto, mi ha risposto che non era una istruzione ma un metodo.....anzi, no, meglio, un giudizio! Attenzione coi giudizi!! Perchè caro amico, se io ti dico che sei un coglione, la mia non è una condanna nei tuoi confronti, ma un giudizio...di primo grado!
Addirittura, qualcuno è stato capace di trovare le cause del mio naufragio, che avrei potuto evitare se io avessi..., se io fossi..., se io potessi...,se io...., ma coi “ma” e coi “se” non si va da nessuna parte.

L'unica cosa di cui sono capace è non darmi per vinto. E allora mi muovo per trovare una soluzione perchè io desidero tornare a casa, alla mia Itaca.
Un mio amico mi ha ripetuto di recente che, nella vita, tutte le circostanze belle o brutte accadono perchè cresca la maturità della nostra autocoscienza.
Minchia papà! E che vuol dire?
Siccome io agli amici credo, sto cercando di capire dove si va a parare con quello che m'ha detto: perchè, o è una presa per il culo o è davvero così.
Il pomeriggio, spesso, contemplo l'orizzonte, perchè nonostante tutto il gusto per la bellezza non l'ho perso: mi siedo sulla spiaggia corallina e guardo il sole che tramonta. Godo della bellezza del creato. Ho scorto in lontananza un isolotto, almeno così pare.
Dunque, voglio tornare a casa, vedo un isolotto, quello che devo fare è cercare di raggiungerlo.
Ho più volte girato l'isola nel tentativo di trovare qualcosa che mi potesse aiutare a costruire una zattera: liane, tronchi, sughero, di tutto di più, per cui appronto con fatica e tanto scetticismo un barchino di fortuna.

San Benedetto, nella sua Regola ad un certo punto dice: “...non lasciare subito impaurito la via della salvezza che non si può intraprendere se non per un ingresso stretto”.
Nel mio caso la via della salvezza passa per un mare sconosciuto, immenso, da affrontare con una misera zattera e due remi, ma come Ulisse provo a sfidare le colonne d'Ercole: forse strada facendo incrocerò un mercantile che mi tirerà su, o forse, è mio destino attraversare l'oceano vivendo le pene dell'inferno.
Certo, non sono tranquillo, non so come andrà a finire, ma ritengo che sia l'unica cosa ragionevole.

So che da bambino mi hanno insegnato una preghiera che ad un certo punto dice: “...Fà che in tutte le imprevedibili circostanze non dimentichi che ogni cosa procede da Te”.
Sull'isola non ho un calendario a portata di mano, ma a occhio e croce siamo in avvento e a breve ci sarà Natale: e a Natale, Dio si fa carne per tutti, anche per me che sono solo in questa isola sperduta...e anche per il talebano che mi ha affondato!!




venerdì 14 dicembre 2012

Richard Branson: Il sorriso come vantaggio competitivo

Metto questo articolo sul mio blog perchè mi piace, e posso confermare che davvero un sorriso aiuta in molte situazioni: stempera le circostanze più critiche, aiuta l'approccio positivo dei dialoghi.....

http://www.entrepreneur.com/article/225074

martedì 11 dicembre 2012

In memoria di Domenico


Domenica pomeriggio mentre guardavo di sfuggita le mail che mi erano arrivate ho letto la seguente, scritta da Claudio B.:
Ciao Ragazzi, alcuni di voi sono gia’ al corrente dell’accaduto, oggi verso le 13.15 e’ successo un incidente a Domenico e purtroppo non ce l’ha fatta. Era insieme a Francesca sulla cresta di Piancaformia: una scivolata di qualche metro ed un buco di circa 50 metri gli sono stati fatali. Domani verra’ effettuato il recupero della salma da parte del soccorso speleo insieme a quelli del soccorso alpino, noi saremo alla base ad aspettarlo e voi, insieme a noi, immagino, con il cuore pieno di lacrime......”

Domenico? Io, di Domenico detto Mimmo, per alcuni amici “Cinghialotto” per via del suo fisico palestrato, ne conosco uno, è mio amico, abbiamo fatto assieme il corso di arrampicata su roccia e ghiaccio e siamo andati un po' di volte in montagna assieme.
Possibile?
Quella che doveva essere una veloce scorsa alle mail è diventata una famelica ricerca di notizie per scongiurare che non fosse il Domenico che conoscevo io o essere certi che purtroppo il mio amico Mimmo era morto svolgendo un'attività, l'alpinismo, di cui era innamorato e la cui passione era esplosa in maniera dirompente solo qualche anno fa.
Purtroppo sono bastati pochi click per accertarmi che il Domenico, sventurato alpinista di 37 anni, era il mio amico Mimmo.
Sono rimasto basito, incredulo, scioccato. Ma cosa sarà successo, come sarà successo? Un appiglio mancato? Un vuoto celato dalla neve? Un mancamento?....quante ipotesi, quanti perchè, quanto smarrimento nel pensare a quel ragazzo!
L'avevo rivisto poco più di un mese fa, quando insieme al mio amico Johnny, sono andato a una serata organizzata dall' Edelweiss, sezione CAI di MI, per vedere il film Nanga Parbat. Era smagrito, ma in forma, con la sua risata travolgente e il suo marcato accento pugliese. Ci aveva raccontato delle sue ultime esperienze su roccia, di come trascorresse tanti w/end in montagna per imparare, della possibilità di organizzare qualche ascensione insieme e....come ormai avveniva ogni volta che ci si vedeva da un anno a questa parte a prendermi in giro insieme a Johnny per una vicenda di cui fui protagonista. Già!
Una domenica dello scorso anno siamo andati, Mimmo Johnny ed io, in Valle d'Aosta, a Chamoix, con l'intento di raggiungere la Becca Trecarè, una cima di poco superiore ai 3000m. Armati di tutto punto, con una giornata assolata e calda, ci siamo incamminati per la via, di cui solo Johnny era il conoscitore, io e Mimmo due compagni “ignoranti”.
Giunti a una biforcazione Johnny ci illustra il percorso da seguire che consisteva nel raggirare un colle e seguire una via che già dal punto in cui eravamo si vedeva.
Perchè raggirare il colle se possiamo scavalcarlo”, ebbi come felice idea?
La neve tiene, la pendenza è fattibile, sono solo circa 100 m di dislivello!.....facciamo un po' di avventura extra!”, proseguii riuscendo a convincere i miei compagni ignari come me del futuro.
Non l'avessi mai fatto!!
Superato il colle ci siamo infilati in una vallata con la neve alta sopra le ginocchia, dove era più comodo camminare con le ciaspole che senza, ma nonostante le quali faticammo molto a portarci all'attacco della via per la cresta.
In sintesi, impiegammo tre ore per uscire da quel “pantano”, cotti, stracotti e sudati e cercammo di proseguire ancora per un lungo tratto quando certi che non saremmo riusciti ad arrivare in cima prima del tardo pomeriggio decidemmo, nostro malgrado, di rinunciare e tornare indietro a Chamoix.
Fu per me l'inizio di una enorme, continua e pubblica presa per il culo. Io e le mie teorie del cazzo sulle ascensioni, io e il mio ottimismo, io e la mancanza di fiducia verso i compagni, io e la capacità di stravedere vie e sentieri che non esistono, io e la mia teoria di minchia del camminare sulla neve, io e .......neanche il pranzo da me offerto, come tentativo di riconquistare i compagni fu capace di smorzare l'ilarità con cui Johnny e Mimmo si prendevano gioco del “Bonatti della Terronia”....con tutto il rispetto per l'incommensurabile Bonatti!!! Non raggiungemmo la cima ma fu lo stesso una bella giornata!

Delle mie poche uscite fatte con Mimmo porto un piacevole ricordo: una persona sana e integra, riservata ma con cui c'era gusto a stare, appassionata di quello che faceva e determinata a raggiungere l'obiettivo, la cima.

Mimmo ha avuto questo incidente mortale il giorno 8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione: affido lui alla Madonna, perchè come Madre lo accolga a braccia aperte.
 

lunedì 19 novembre 2012

Giornata Nazionale della Colletta Alimentare (24 novembre 2012)

Invito tutti, grandi e piccini a partecipare alla giornata nazionale della Colletta Alimentare, sia come volontari che come donatori di alimenti.
Uno dei volantini dice:

16а GIORNATA NAZIONALE DELLA COLLETTA ALIMENTARE
Sabato 24 novembre 2012 in Lombardia e in tutta Italia
INVITIAMO A DONARE (Olio – Alimenti per l’infanzia – Scatolame (pesce, carne, legumi, pelati e sughi)
PER AIUTARE oltre 1300 strutture caritative che accolgono 200.000 poveri in Lombardia Sabato 24 novembre quasi 30.000 volontari del Banco Alimentare in oltre 1600 supermercati della Lombardia, inviteranno a donare alimenti a lunga conservazione che verranno distribuiti a 1300 strutture caritative (mense per i poveri, comunità per minori, banchi di solidarietà, centri d’accoglienza, ecc.) che aiutano 200.000 poveri.
E anche quest’anno, le donazioni di alimenti ricevute durante la Giornata Nazionale della Colletta Alimentare (GNCA) dalla Rete Banco Alimentare, che opera su tutto il territorio nazionale attraverso 21 organizzazioni locali, andranno a integrare quanto la Rete recupera grazie alla sua attività quotidiana, combattendo lo spreco di cibo (nel 2011 58.390.000 kg di alimenti, pari a un valore di circa 128 milioni di euro ovvero al carico di oltre 1.700 Tir).
Nella sola Lombardia nel 2011 sono state ridistribuite alle strutture caritative convenzionate oltre 12.251 tonnellate di alimenti.
Tutto questo è possibile grazie a migliaia di volontari – dice Gianluigi Valerin, presidente del Banco Alimentare della Lombardia – che vedono nel gesto della Colletta Alimentare un gesto di gratuità che fa bene anzitutto a sé perché ridà speranza e significato a ciò che facciamo ogni giorno.
E’ un gesto che coinvolge non solo i privati ma anche le aziende, che sempre di più vi si coinvolgono. La Colletta è un gesto che inizia davanti a un supermercato e chiede continuità per tutto l’anno. Accade spesso che chi ci incontra alla Giornata della Colletta non ci abbandoni più, torni l’anno successivo, oppure venga da noi - quasi a tornare dove si è visto qualcosa di bene - ad aiutarci gratuitamente come volontario al magazzino Banco Alimentare della Lombardia.”
Le ragioni di fondo di questo gesto di carità sono descritte nel testo delle “dieci righe”, pensate per favorire un dialogo con tutti coloro che a vario titolo partecipano alla GNCA:
«La crisi continua a cambiare la vita di molte persone. L’unica possibilità è sopravvivere, sperando che tutto prima o poi passi? Perché riproporre proprio oggi la Colletta Alimentare? Che novità ci attendiamo? Anche dentro le difficoltà, io esisto e non mi sto dando la vita da solo, sono fatto e voluto in questo istante da Dio: questo, come disse don Giussani, “è il tempo della persona”. Solo la riscoperta di questo rapporto originario permette di vivere ogni cosa da uomini: perché tutto è occasione per incontrare Chi mi sta dando la vita ora. Questa è la novità che attendiamo: poterLo incontrare ancora. Per questo ti invitiamo a partecipare insieme alla Giornata Nazionale della Colletta Alimentare: fare la spesa per chi ha più bisogno.».
Questo importante evento, che gode dell’Alto Patronato della Presidenza della Repubblica, é reso possibile grazie alla collaborazione dell’Esercito Italiano e alla partecipazione di decine di migliaia di volontari aderenti all’Associazione Nazionale Alpini, alla Società San Vincenzo De Paoli e alla Compagnia delle Opere Sociali.
Si ringraziano: Fondazione Cariplo - main sponsor Intesa San Paolo / Banca Prossima - sponsor Gruppo Unipol / DSE - media partner Sky / Radio 101 - sponsor tecnici Comieco / Poste Italiane.
L’Associazione Banco Alimentare della Lombardia “Danilo Fossati” Onlus ha sede a Muggiò (MB) e fa parte della Rete Banco Alimentare che opera attraverso 21 Organizzazioni sul territorio nazionale, guidate e coordinate dalla Fondazione Banco Alimentare Onlus.
Grazie alla sua opera Il raccolto della Colletta del 24 novembre perverrà alle strutture caritative lombarde che aiutano i poveri.
L’attività dell’Associazione è sostenuta da oltre 480 volontari che liberamente offrono il loro tempo nei diversi compiti che la gestione richiede, dalla movimentazione dei prodotti, alla gestione amministrativa, al rapporto con le strutture caritative convenzionate, al contatto con i Responsabili delle aziende agro-industriali e di distribuzione.
L’Associazione Banco Alimentare della Lombardia “Danilo Fossati” Onlus nel 2011 ha assistito 1270 Strutture Caritative convenzionate aiutando quasi 196.000 indigenti e distribuito 12.251 tonnellate di prodotti.
Particolare attenzione è dedicata negli ultimi anni allo sviluppo degli approvvigionamenti attraverso il programma Siticibo con lo scopo di recuperare cibo cotto non servito e fresco dalla Ristorazione Collettiva e dalla Grande Distribuzione Organizzata.
Per info: comunicazione@lombardia.bancoalimentare.it

venerdì 26 ottobre 2012

Weekend in barca a vela

Dicono che i sogni sono desideri! Forse è vero. Sta di fatto che da molto tempo sognavo di fare un weekend in barca a vela e l’opportunità si è concretizzata dal 14 al 16 settembre. Sono andato con mia moglie, dietro invito di una mia collega, Laura, e di suo marito, Adriano, esperto skipper, appassionatissimo di vela....trasuda goduria quando sta in barca o spiega le manovre!! E io, sono stato discepolo attento e curioso, affascinato da un mondo, quello del mare che ho sempre vissuto dalla riva o a nuoto ma solo una volta in barca a vela. La sera del 14 settembre ci siamo ritrovati al porto di Sestri Ponente dove abbiamo conosciuto gli altri compagni di avventura: Gigi e Giancarlo, amici di Adriano e soci di affari, Cristina. E’ nato subito l’affiatamento, secondo me indispensabile in barca, e gli effetti si sono visti nell’arco del weekend, davvero bello. Abbiamo pernottato in barca, dopo una corposa cena a base di focaccia genovese annaffiata con prosecco di Valdobbiadene. Un tocco di cioccolata fondente e un bicchiere di rum ha chiuso la serata, abbastanza umida, prima di andare a letto. La mattina la sveglia è stata per me piuttosto presto: mi sono goduto il porto “che dorme” e la frescura tipica dei posti di mare. Da Sestri ci siamo diretti a est, verso Camogli dove abbiamo fatto il bagno e pranzato, quindi, passando davanti punta Chiappa e San Fruttuoso siamo giunti nel tardo pomeriggio a Portofino, dove abbiamo ormeggiato e trascorso la notte. La “nostra” barca a vela, un 37 piedi, passava inosservata rispetto agli yacht ormeggiati! Mi rendo conto che il lusso non ha limiti!!! L’indomani, con molta calma (alla ricerca di un caffè, mi sono sentito dire da un indigeno che a Portofino la giornata inizia non prima delle 9....minchia!!!), dopo avere fatto un giretto per Portofino e il suo faro, ci siamo sistemati e abbiamo preparato la barca per il viaggio di ritorno. La totale assenza di vento ci ha imposto l’uso del motore e cmq, siamo ritornati in porto che erano le 20. Sono stati 2 giorni di totale goduria!! p.s.: peccato che oggi la connessione non mi permetta di caricare le foto! riproverò appena possibile!

venerdì 25 maggio 2012

Breve e veloce saluto

Dopo sette anni lascio l’azienda per la quale lavoro. (http://www.ksb.com/).
Lascio perché s’è presentata un’opportunità, che ho ritenuto valida, interessante e meritevole di essere approfondita, tanto che ho deciso positivamente.
Non è stato facile prendere la decisione finale, ma è stato semplice il percorso che mi ha portato alla scelta. Se dal punto di vista strettamente professionale potrei avere da ridire, sul piano umano e personale ho saputo creare buoni rapporti con molti colleghi: con tanti limitato all’attività operativa, con pochi legato anche alla sfera degli interessi extra lavorativi, con tre/quattro spinto fino alla sfera personale.
In questi momenti lo stato d’animo è sempre contrastato: da un lato c’è l’attesa per la novità che avanza, è come se mentalmente si spingesse in avanti la lancetta dei secondi perché il tempo passi il più velocemente possibile, dall’altro invece, c’è il ricordo del tempo passato, si richiamano eventi, momenti, sensazioni, situazioni, circostanze piacevoli trascorse con i colleghi, ci si augura che il tempo passi il più lentamente possibile.
Anche i colleghi più stronzi, quelli che chissà perché, hanno rotto le palle durante questi anni,…quelli che per cattiveria personale hanno messo i bastoni tra le ruote, … quelli che per accidia e invidia hanno parlato e sparlato a sproposito, … quelli che per arroganza e ignoranza hanno giudicato senza conoscere, … quelli che per ingordigia mi hanno sputtanato per farsi vedere belli dal capo, … quelli che vedendomi prendere un caffè con un collega hanno tramato congetture, … quelli che incontrandomi durante una pausa con una collega si sono messi a origliare, … quelli che mi hanno chiamato “don” solo perché essendo siciliano mi associano alla cultura mafiosa, quelli che vedendomi scuro di carnagione sostengono che anziché lavorare vado al lago a prendere il sole……..anche verso costoro non porto rancore.
Non sono diventato buono, non è per buonismo, ma semplicemente io non sono definito da tutte queste cose sebbene spesso siano difficili da accettare.

Quando s’è diffusa la notizia delle mie dimissioni, tanti si sono complimentati, molti mi hanno preso per “pazzo”, per sprovveduto, per assetato di carriera, vista la situazione economica. A costoro rispondo:
“…Solo i codardi chiedono al mattino della battaglia il calcolo delle probabilità; i forti e i costanti non sogliono chiedere quanto fortemente né quanto a lungo ma come e dove abbiano da combattere. Non hanno bisogno se non di sapere per quale via e per quale scopo, e sperano dopo, e si adoperano, e combattono, e soffrono, così fino alla fine della giornata, lasciando a Dio gli adempimenti…”. (Cesare Balbo, da Le speranze d'Italia)

Sotto il vetro posto sulla mia scrivania tengo una frase che mi “accompagna” da tempo, perché secondo me è il focus per cui vale la pena lavorare con impegno,…indipendentemente dal risultato finale:
“…Un tempo gli operai non erano servi. Lavoravano. Coltivavano un onore, assoluto, come si addice a un onore. La gamba di una sedia doveva essere ben fatta. Era naturale, era inteso. Era un primato. Non occorreva che fosse ben fatta per il salario o in modo proporzionale al salario. Non doveva essere ben fatta per il padrone, né per gli intenditori, né per i clienti del padrone. Doveva essere ben fatta per sé, in sé, nella sua stessa natura….” (Charles Péguy, da L'argent)

Saluto i miei colleghi, di cui porterò un piacevole ricordo, augurando loro di trovare, nella vita personale e professionale, la soddisfazione e la pienezza che ogni uomo cerca. “Occupatevi dell'opera vostra, cercate di compierla nel migliore dei modi, e tutto ciò che fate, fatelo perché neanche un solo istante della vostra vita vi scorra accanto senza senso o contenuto.” (Pavel Florenskij)

God save myself!

martedì 15 maggio 2012

PUNTI IN COMUNE - 22

“<< C’è un problema che unisce gli anziani, che hanno nostalgia del passato e lo dipingono come fosse l’età dell’oro, e i giovani, che pensano di avere davanti il nulla: la mancanza di spazi e di orizzonti.>>. E’ un piacere ascoltare De Rita:……”
(Mario Calabresi – Cosa tiene accese le stelle, pag. 41 – Ed. Mondadori)

Come diceva Heidegger, per pensare devi avere un orizzonte largo, ma anche la speranza di potere vedere oltre la linea dell’orizzonte
(Mario Calabresi – Cosa tiene accese le stelle, pag. 46 – Ed. Mondadori)

martedì 3 aprile 2012

Ascensione invernale sul Legnone

Un fallimento!!
Una giornata molto deludente.
Questa può essere la sintesi del tentativo di ascensione invernale al Legnone. La legge di Murphy, a dispetto del venerdì 17, si è abbattuta su di noi sabato 18, con poco meno di 24h di ritardo.
Ma vado a raccontare brevemente.
Col l’amico Giovanni organizziamo la salita al Legnone per il canalone Ovest: una parete assai ripida in cui sono necessarie due piccozze e molta attenzione.
Pica, pica, rampone, rampone! Pica, pica, rampone, rampone!
Questo era il ritmo che pregustavo già da qualche giorno.
Ma, come dicevo, se il buon giorno si vede dal mattino, l’alba si presentava plumbea….anzi già dalla sera prima, quando abbiamo discusso parecchio circa l’orario di partenza.
“Johnny, partiamo alle 5,50 da casa mia perché alle 7,30 voglio attaccare la salita”
“Ma sei matto? Facciamo alle 6,30! Tranqui, che recupereremo prima in macchina e poi a piedi”
“Johnny è tardi. Ti concedo alle 6,10 max”
“Alle 6,15 sono da te!”
Cedo alla sua proposta.
Peccato che Johnny arriva a casa mia alle 6,45 con la scusa che non ha sentito la sveglia.
“Ma minchia”, dico ”in questi casi si puntano almeno due sveglie, al costo di svegliare il vicinato”.
Si parte e alle 8,40 attacchiamo la via.
La montagna si presenta spoglia di neve, per essere febbraio, e il canalone Ovest presenta molte rocce scoperte e la neve marcia.
Dubito che sia compatta e decido di rinunciare per fare la direttissima, molto lunga ma in buona parte in cresta, con un panorama mozzafiato.
E la giornata è fantastica!!
Dopo un ora dalla partenza, Johnny comincia ad accusare segni di malessere: non compensa, respira male, ha le gambe molli. Mi suggerisce di proseguire da solo e poi al punto concordato m’avrebbe raggiunto.
Così faccio!
La neve è marcia, bagnata, poco stabile ma non si affonda.
A circa 45 min dalla vetta mi fermo per accertarmi della traccia da seguire e aspetto Johnny che poco dopo mi raggiunge.
“Come va? Ancora problemi?”
“Insomma, non mi sento in forma”
Appena in tempo e il mio amico vomita come fosse un vulcano. E’ segno che la nostra avventura finisce qui!
A fatica si riprende, il peggio è passato, ma le forza mancano. Decidiamo di ritornare indietro, è inutile temporeggiare.
Sconfortati ridiscendiamo il sentiero, almeno non facciamo tardi a casa. Ma l’imprevisto è dietro l’angolo: un piccolo salto provoca a Johnny una leggera storta alla caviglia per cui siamo costretti a fermarci nuovamente e assicurarci del suo stato.
Quando riprendiamo è evidente che non riesce più a sorreggere il suo zaino, per cui decido di portarlo io. Così, col mio zainetto davanti e il suo zaino dietro ritorniamo a fatica alla macchina.
Lo scoramento è tale che non diciamo una parola, e a differenza di altre volte non siamo capaci di progettare altre salite.
Decidiamo però, di fermarci a mangiare: solo un buon panino e una birra ci rimettono di buon umore, tanto da ricominciare a sparare le solite cazzate!
Stavolta non siamo riusciti a salire, rimane però l’obiettivo e il desiderio di riprovarci il prossimo anno, magari Johnny, facendo più attenzione la sera prima a cosa si mangia. Scherzo Johnny!!





venerdì 23 marzo 2012

PUNTI IN COMUNE - 21

“….è proprio attraverso il linguaggio che avviene la comunicazione; menzogna che altera tutta la stessa comunicazione; menzogna attraverso la quale l’oratore, il trascinatore parla in un linguaggio, e l’uditore, il trascinato intende in un linguaggio totalmente differente….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. 9 – Ed. Edizioni Lavoro)

“….tutte queste parole che per l’oratore non sono, come lo dice in modo eccellente la grammatica, che le membra della frase e le parti del discorso, queste stesse parole intese diversamente, sono per degli uomini semplici un principio di fame e di sete, di sacrificio e di passione, di malattia e di morte; finito il discorso, il tribuno riprende la strada della stazione, imbarcadero; l’operaio riprende il cammino della miseria, la testa tutta imbottita di immaginazioni, ardente di sogni, piena di fuoco, la gola secca….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. 12 – Ed. Edizioni Lavoro)

lunedì 5 marzo 2012

PUNTI IN COMUNE - 20

“….i miserabili trascinati popolari, gli sventurati e perpetui elettori, non sono meno trascinati e manipolati dagli ex operai divenuti trascinatori, di quanto non lo siano dagli altri trascinatori professionali, dai trascinatori nati nel serraglio; i trascinatori divenuti borghesi non sono affatto meno pericolosi per il popolo dei trascinatori borghesi nati borghesi; anzi, forse sono, da molti punti di vista, più pericolosi, perché il popolo, sempre ingenuo, diffida meno….si tratta in definitiva di trascinamenti militari….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. 7 – Ed. Edizioni Lavoro)


“….ci sono dei poveri e dei miserabili che intendono nella loro accezione originale, nel loro significato più pregnante, nel loro pieno significato, nel loro significato inusuale quelle parole che l’oratore borghese, che il deputato, che il politico parlamentare pronunciano per abitudine, per stanchezza, per esaurimento di slancio politico..io mi chiedo come è possibile che questi trascinatori non inorridiscano per ciò che fanno….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. 8 – Ed. Edizioni Lavoro)

domenica 26 febbraio 2012

Elogio a Emanuele

In occasione del 19° concorso musicale Sara Preatoni, mio figlio Emanuele insieme a un suo amico svizzero, Leonardo De Nigris, hanno eseguito un brano a quattro mani di pianoforte, “Tamburino Cinese” di V.Billi, per il quale hanno ricevuto un premio speciale.
Questo post vuole essere un elogio e un ringraziamento a un bambino che ci testimonia quotidianamente cosa sia la passione, il sacrificio, il lavoro nello studio del pianoforte e la soddisfazione per i risultati finora ottenuti.
Gli auguro di proseguire in questa direzione, di non lasciarsi intimorire dalle difficoltà che incontrerà, così come, di non vantarsi eccessivamente per i premi che riceverà.

http://www.youtube.com/watch?v=XhegNmzI8vE

Vai Topolo!

sabato 11 febbraio 2012

PUNTI IN COMUNE - 19

“….distinguere << un’autorità di comando>> che si esercita con la forza e si impone da un’ << autorità di competenza>> che esercita modestamente la ragione….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. X – Ed. Edizioni Lavoro)


“….è contro ogni opera di trascinamento che mi ribello, contro ogni azione di trascinamento borghese, contro tutto il trascinamento politico parlamentare, che è eminentemente un trascinamento borghese; il mondo politico parlamentare tutto intero è eminentemente un mondo borghese; e gli ex operai che sono entrati a far parte di questo mondo non ne sono certo i rappresentanti meno borghesi….”
(Charles Pèguy – La parola piegata, pag. 6 – Ed. Edizioni Lavoro)

martedì 7 febbraio 2012

PUNTI IN COMUNE - 18

“…Beatrice è smile manager …..E’, una leader davvero completa, in grado di gestire con sapienza i diversi stili manageriali possibili: è leader affiliativa, perché stabilisce con Dante un legame emotivo forte; è leader visionaria, perché ha una visione chiara e sa trasmetterla con precisione al nostro AD; è leader coach, quando aiuta Dante a crescere; è leader democratica, perché costruisce il consenso attraverso la partecipazione; è leader battistrada perché precede il nostro e lo incoraggia nella difficoltà”
(Enrico Cerni – Dante per i manager, pag. 113 – Ed. Gruppo 24ore)

venerdì 27 gennaio 2012

PUNTI IN COMUNE - 17

“…Sull’entusiasmo, l’etimologia ci solletica: avere entusiasmo significa avere il Dio dentro (en+theòs), essere cioè animati da una forza superiore che consente di superare le avversità e raggiungere gli obiettivi. Dotati di entusiasmo per il lavoro, arriviamo prima ovunque vogliamo andare”
(Enrico Cerni – Dante per i manager, pag. 129 – Ed. Gruppo 24ore)

martedì 10 gennaio 2012

Dicevano che.....

Dicevano che mio padre era un gran lavoratore, uno infaticabile, uno instancabile, uno che non si tirava mai indietro dal suo dovere, uno forte, uno resistente, uno ligio al proprio lavoro.
Ai suoi tempi era richiesta molta forza, grande duttilità, ottime doti di empatia, era necessario essere puliti, candeggiati, non avere macchie sulla coscienza.
Ai suoi tempi erano preferiti i bianchi, non per una questione di razzismo ma perché sinonimo si candore.
Ai suoi tempi era necessario essere flessibili: si lavorava su turni, senza orario fisso. A volte quattro, alcune sei, talvolta otto ore di servizio. In casi eccezionali dopo un’ora poteva finire il proprio turno: erano situazioni sfigate o fortunate, a seconda!
L’ingresso nel proprio posto di lavoro era deciso dal datore sulla base delle sue esigenze produttive. Occorreva essere sempre pronti alla chiamata, piegarsi e spiegarsi al volere del capo.
Mio padre ha cambiato quattro datori di lavoro, tre uomini e una donna di età diversa, ma sempre con la stessa mansione e identico ruolo.
Lui preferiva gli uomini, “si lavorava meglio” mi diceva. Meno casini, meno rogne, meno lamentele. Le donne sono suscettibili, facilmente irritabili, arrossiscono alla minima difficoltà e si incazzano presto. Ti trattano come una pezza vecchia. Ah queste donne, non cambiano mai!!!
Mio padre non ha avuto mai grossi problemi: ha dovuto contenere moli enormi di lavoro ma mai particolari incidenti. Una volta fu trascinato a terra e si strappò: fu prontamente medicato. Furono necessari alcuni punti di sutura ma poco dopo tornò in servizio come nuovo. La cicatrice era stata cucita da mani esperte.
Ah, bei tempi!!! Diceva mio padre.
Ma purtroppo per lui, anche per lui, arrivò il giorno del congedo. Suo malgrado, perché lui si sentiva ancora forte e capace di svolgere degnamente il suo dovere.
Ma occorreva fare spazio alla nuova generazione: le nuove leve. Il futuro!!

Così arrivammo noi: generazione di spavaldi, boriosi e bamboccioni, capaci solo di venderci a caro prezzo. Anche presuntuosi, perché pensiamo di essere i migliori.
E invece no, purtroppo.
Abbiamo un carattere accidioso, tanto che possiamo irritare velocemente chi ci assume. Pensiamo di essere flessibili e invece no: c’è chi vuole lavorare con gli uomini, chi con le donne, chi con i giovani, chi con i più maturi. E’ difficile che ci si scambi il lavoro e se ciò accade son dolori.
A qualcuno andiamo stretti, ad altri larghi, alcuni ci trattano con attenzione altri ci mal trattano.
Ci stanchiamo facilmente, a volte ci rompiamo e siccome siamo orgogliosi non vogliamo più lavorare.
Resistiamo al massimo sei ore: poi, diventiamo così pesanti che ci sostituiscono subito con altri più leggeri e più freschi.
Il turn over è impressionante: siamo dei precari, ci chiamano la generazione “usa e getta”.
Che vita di merda!! Ma meno male che la merda c’è!!!!
Con delicatezza,
Panno Lino

lunedì 2 gennaio 2012

PUNTI IN COMUNE - 16

“I ragionamenti generano idoli, solo lo stupore conosce”
- San Gragorio di Nissa, IV sec. d.C. -
(Enrico Cerni – Dante per i manager, pag. 144 – Ed. Gruppo 24ore)