venerdì 28 dicembre 2012

Fuga dall'isola....che non c'è


Sono nato e vissuto in una città di mare.
Sono un uomo di mare!
Il mare per me è tutto, è vita. Sin da piccolo ho coltivato sogni di gloria attraverso il mare.

Sognavo di girare il mondo e visitare tanti posti: speravo di lavorare su una grossa portaerei, tipo Eisenhower, dare il segnale di via libera agli aerei che decollavano e atterravano sventolando le bandierine. Ma sognavo anche di lavorare su una nave da crociera, una di quelle città galleggianti dotate di ogni comfort possibile e immaginabile, conoscere tanta gente, soprattutto molte donne, godersela.
Non mi dispiaceva l'idea di navigare su uno yacht, di quelli enormi, appartenenti a uno dei tanti multimilionari, che lo usano solo otto, nove giorni l'anno nei posti più disparati ed esclusivi del mondo solo per fare vedere che loro, si che sono potenti e possono scegliere dove trascorrere le vacanze: perchè, salvo quei pochi giorni in cui a bordo c'era il padrone, poi, sarei stato io coi miei colleghi, il vero padrone dello yacht, attraversare i mari in lungo e in largo, andare dai Caraibi alle Seychelles, dalle Mauritius alle Hawaii, dall'isola di Tonga a Zanzibar, e incontrare il padrone laddove aveva deciso di imbarcarsi! In realtà, mi sono piaciute sempre le barche a vela, e nei miei sogni mi sono visto più volte a bordo di un trentasette o un cinquanta piedi a solcare il mare Mediterraneo da nord a sud, da est a ovest. Chissà magari avrei ripercorso le gesta di Giovanni Soldini o addirittura sarei stato un nuovo Francesco De Angelis o Paul Cayard e timonare una barca all'America's Cup.
Poi a conclusione, ormai vecchio e vissuto, mi vedevo a bordo di una piccola imbarcazione, a godermi il mare, le sue onde, i suoi flutti, il suo odore, un po' come il pescatore, protagonista de “Il vecchio e il mare” di Heminqway.
Mettiamola come vogliamo ma al centro di tutto c'è sempre stato il mare.

Con molta umiltà ma forte caparbietà ho cominciato a studiare nautica, prima alle scuole professionali, poi ho deciso di intraprendere la facoltà di ingegneria nautica. Conclusasi brillantemente la mia esperienza universitaria mi sono scontrato con il mondo del lavoro.
Ma cosa cazzo vuoi che faccia un ingegnere nautico!! Quanti cantieri pensi che ci siano in giro? O finisci presso i cantieri Azimut o lavori alla Fincantieri.
In realtà ho cominciato a lavorare presso un piccolo cantiere navale ligure, dove progettavo modeste barche da diporto, ma è stato bello e interessante per l'esperienza. Poi, sono andato a lavorare presso un grosso cantiere finlandese, dove realizzavamo traghetti, di quelli che solcano il Mare Baltico e toccano i principali porti dei paesi scandinavi. Posti fantastici!. Mi è capitato una volta di presiedere il collaudo di un traghetto in pieno inverno....che freddo!
Casualmente mi è giunta una proposta di lavoro da una interessante compagnia di navigazione, una di quelle che organizza crociere in tutto il mondo, per occuparmi dello sviluppo dell'immagine dell'azienda tout court e in particolare presso un certo tipo di clientela. Per cominciare mi sono dovuto imbarcare e fare da assistente al comandante di una grosso transatlantico.
Wow!! E' un sogno o una inculata?
Mi imbarco da Civitavecchia il primo giorno di primavera.
Forse sono davvero bravo, forse sono molto fortunato, forse la passione per il mare mi fa bruciare le tappe.
A quarantanni sono al top. Sono l'immagine dell'azienda e i clienti identificano la compagnia di navigazione con la mia faccia.
Ma si sa, quando si fa carriera velocemente questo infastidisce sempre qualcuno. C'è sempre un orca assassina appostata e ben mimetizzata sotto il pelo libero del mare pronta a trascinarti in acqua al minimo passo falso.
Anche io ho avuto la mia orca assassina e purtroppo, per me, mi ha tirato al fondo!!

Perché in realtà la cosa peggiore per un uomo di mare, è rimanere naufrago.
Già, e io sono tale in questo momento!
Un naufrago in mezzo a un mare forza 8!!
Uno la cui nave è stata affondata in pochi minuti non da un iceberg o da uno scoglio non visto ma piuttosto da un gommone talebano carico di esplosivo, che in piena notte, una notte calda e stellata, si è lanciato sulla mia poppa creandomi uno squarcio non riparabile.
Sicuramente è stato un talebano camuffato da cordiale collaboratore, uno di quelli che ti invita a prendere il caffè, pranzare assieme, che ti suggerisce e condivide le tue scelte, che fino a un istante prima asseconda le decisioni.
Il peggiore dei nemici! Di quelli che se lo smascheri in tempo, gli fai mangiare tanta di quella merda.....Uno stronzo!!
Sono colato a picco in pochi istanti. Quel talebano sapeva bene dove colpire, sapeva che non avrei avuto scampo...ha puntato dritto al “tallone d'Achille” della nave. Maledetto!
E così, ora, mi trovo su un'isola deserta, armato solo di cellulare, benedetto cellulare, e di molta solitudine.
Si, la solitudine: da molte settimane, ormai, sperimento la solitudine peggiore, non quella fisica perchè....quella non guasta a volte, ma quella umana.
Solo di fronte al destino, solo di fronte alle tue scelte, solo di fronte al tuo dolore, solo di fronte allo sconforto che spesso si fa vivo, senza alcuno che raccolga le tue ansie, le tue confessioni, i tuoi sfoghi, privo di qualcuno che ti conforti e abbia parole di affetto.
Solo come un cane abbandonato!

Ho lanciato molti SOS: qualcuno è stato raccolto, molti sono andati a vuoto, altri hanno promesso aiuti a breve ma non sono mai arrivati, solo qualcuno mi ha detto che ha ricevuto la mia richiesta di aiuto e che si sta impegnando per trovare qualcuno che mi venga in soccorso.
L'isola non è nemmeno abitata: segno di vita umana, zero!!
Giusto qualche animale, spero innocuo per l'uomo, ma di bipedi pensanti neanche l'ombra.

Ma dove cazzo si trova quest'isola? Neanche il mio smartphone la trova.
Quando provo a localizzarmi il GPS impazzisce, se potesse mi risponderebbe alla Bennato: “Guarda, io non ti trovo però so la strada: << Seconda stella a destra, questo è il cammino, e poi dritto fino al mattino, poi la strada la trovi da te, porta dritto all'isola che non c'è!...>>”.
Già, l'isola che non c'è!
Sembra un posto che non ha luogo su questa benedetta terra!
Noi uomini, abbiamo la pretesa di dire che conosciamo tutto, anche i posti più reconditi della geografia terrestre e umana, ma la verità è che ci facciamo grandi di quel poco che conosciamo, e poi, ci sono praterie enormi sconosciute.

Cosa fai, da solo, in questi momenti?
Ti metti sulla spiaggia e contempli l'orizzonte? Why not? Anche!
Ti ripeti le litanie?: “che sfiga!,....ma perchè io!,...con tutte le navi che ci sono?...perchè sono stato affondato?, ...chi è stato?”,...e ancora, scendendo velocemente nel baratro: “non sono capace di stare al mondo!,...a quello non dovevo dargli fiducia,...quel coglione non era capace...non so capire le persone...ho sbagliato qui, ho sbagliato lì...”. A volte succede di recitare questo rosario laico!
Imprechi? Ma perchè! Rifiuti l'Unico che ti ascolta?
Ti scavi una buca nella sabbia? Mai, soffro di claustrofobia!
Molti in questi giorni hanno provato a chiamarmi sul telefono, ma confesso che tanti potevano farne a meno.
Quando è andata bene, mi sono sentito dire che purtroppo non sono l'unico disperso, anzi, io sono su un isola, che non si trova, ma pare ci siano tanti naufraghi a mollo per l'oceano. E allora? Stiamo per caso giocando a “Indovina chi c'è in acqua?”. A me non è mai piaciuto il detto “mal comune mezzo gaudio”! In gioco c'è la mia vita, e la mia vita è stata data a me, non è stata data in condivisione con qualcun'altro!
Altre volte mi sono sentito dare le istruzioni d'uso per scappare da questa isola: ma caro amico, se non sai dove sono, come fai a dirmi cosa devo fare, come e quando devo muovermi? In questi casi, il mio interlocutore, per riprendersi dall'enorme minchiata che ha detto, mi ha risposto che non era una istruzione ma un metodo.....anzi, no, meglio, un giudizio! Attenzione coi giudizi!! Perchè caro amico, se io ti dico che sei un coglione, la mia non è una condanna nei tuoi confronti, ma un giudizio...di primo grado!
Addirittura, qualcuno è stato capace di trovare le cause del mio naufragio, che avrei potuto evitare se io avessi..., se io fossi..., se io potessi...,se io...., ma coi “ma” e coi “se” non si va da nessuna parte.

L'unica cosa di cui sono capace è non darmi per vinto. E allora mi muovo per trovare una soluzione perchè io desidero tornare a casa, alla mia Itaca.
Un mio amico mi ha ripetuto di recente che, nella vita, tutte le circostanze belle o brutte accadono perchè cresca la maturità della nostra autocoscienza.
Minchia papà! E che vuol dire?
Siccome io agli amici credo, sto cercando di capire dove si va a parare con quello che m'ha detto: perchè, o è una presa per il culo o è davvero così.
Il pomeriggio, spesso, contemplo l'orizzonte, perchè nonostante tutto il gusto per la bellezza non l'ho perso: mi siedo sulla spiaggia corallina e guardo il sole che tramonta. Godo della bellezza del creato. Ho scorto in lontananza un isolotto, almeno così pare.
Dunque, voglio tornare a casa, vedo un isolotto, quello che devo fare è cercare di raggiungerlo.
Ho più volte girato l'isola nel tentativo di trovare qualcosa che mi potesse aiutare a costruire una zattera: liane, tronchi, sughero, di tutto di più, per cui appronto con fatica e tanto scetticismo un barchino di fortuna.

San Benedetto, nella sua Regola ad un certo punto dice: “...non lasciare subito impaurito la via della salvezza che non si può intraprendere se non per un ingresso stretto”.
Nel mio caso la via della salvezza passa per un mare sconosciuto, immenso, da affrontare con una misera zattera e due remi, ma come Ulisse provo a sfidare le colonne d'Ercole: forse strada facendo incrocerò un mercantile che mi tirerà su, o forse, è mio destino attraversare l'oceano vivendo le pene dell'inferno.
Certo, non sono tranquillo, non so come andrà a finire, ma ritengo che sia l'unica cosa ragionevole.

So che da bambino mi hanno insegnato una preghiera che ad un certo punto dice: “...Fà che in tutte le imprevedibili circostanze non dimentichi che ogni cosa procede da Te”.
Sull'isola non ho un calendario a portata di mano, ma a occhio e croce siamo in avvento e a breve ci sarà Natale: e a Natale, Dio si fa carne per tutti, anche per me che sono solo in questa isola sperduta...e anche per il talebano che mi ha affondato!!




venerdì 14 dicembre 2012

Richard Branson: Il sorriso come vantaggio competitivo

Metto questo articolo sul mio blog perchè mi piace, e posso confermare che davvero un sorriso aiuta in molte situazioni: stempera le circostanze più critiche, aiuta l'approccio positivo dei dialoghi.....

http://www.entrepreneur.com/article/225074

martedì 11 dicembre 2012

In memoria di Domenico


Domenica pomeriggio mentre guardavo di sfuggita le mail che mi erano arrivate ho letto la seguente, scritta da Claudio B.:
Ciao Ragazzi, alcuni di voi sono gia’ al corrente dell’accaduto, oggi verso le 13.15 e’ successo un incidente a Domenico e purtroppo non ce l’ha fatta. Era insieme a Francesca sulla cresta di Piancaformia: una scivolata di qualche metro ed un buco di circa 50 metri gli sono stati fatali. Domani verra’ effettuato il recupero della salma da parte del soccorso speleo insieme a quelli del soccorso alpino, noi saremo alla base ad aspettarlo e voi, insieme a noi, immagino, con il cuore pieno di lacrime......”

Domenico? Io, di Domenico detto Mimmo, per alcuni amici “Cinghialotto” per via del suo fisico palestrato, ne conosco uno, è mio amico, abbiamo fatto assieme il corso di arrampicata su roccia e ghiaccio e siamo andati un po' di volte in montagna assieme.
Possibile?
Quella che doveva essere una veloce scorsa alle mail è diventata una famelica ricerca di notizie per scongiurare che non fosse il Domenico che conoscevo io o essere certi che purtroppo il mio amico Mimmo era morto svolgendo un'attività, l'alpinismo, di cui era innamorato e la cui passione era esplosa in maniera dirompente solo qualche anno fa.
Purtroppo sono bastati pochi click per accertarmi che il Domenico, sventurato alpinista di 37 anni, era il mio amico Mimmo.
Sono rimasto basito, incredulo, scioccato. Ma cosa sarà successo, come sarà successo? Un appiglio mancato? Un vuoto celato dalla neve? Un mancamento?....quante ipotesi, quanti perchè, quanto smarrimento nel pensare a quel ragazzo!
L'avevo rivisto poco più di un mese fa, quando insieme al mio amico Johnny, sono andato a una serata organizzata dall' Edelweiss, sezione CAI di MI, per vedere il film Nanga Parbat. Era smagrito, ma in forma, con la sua risata travolgente e il suo marcato accento pugliese. Ci aveva raccontato delle sue ultime esperienze su roccia, di come trascorresse tanti w/end in montagna per imparare, della possibilità di organizzare qualche ascensione insieme e....come ormai avveniva ogni volta che ci si vedeva da un anno a questa parte a prendermi in giro insieme a Johnny per una vicenda di cui fui protagonista. Già!
Una domenica dello scorso anno siamo andati, Mimmo Johnny ed io, in Valle d'Aosta, a Chamoix, con l'intento di raggiungere la Becca Trecarè, una cima di poco superiore ai 3000m. Armati di tutto punto, con una giornata assolata e calda, ci siamo incamminati per la via, di cui solo Johnny era il conoscitore, io e Mimmo due compagni “ignoranti”.
Giunti a una biforcazione Johnny ci illustra il percorso da seguire che consisteva nel raggirare un colle e seguire una via che già dal punto in cui eravamo si vedeva.
Perchè raggirare il colle se possiamo scavalcarlo”, ebbi come felice idea?
La neve tiene, la pendenza è fattibile, sono solo circa 100 m di dislivello!.....facciamo un po' di avventura extra!”, proseguii riuscendo a convincere i miei compagni ignari come me del futuro.
Non l'avessi mai fatto!!
Superato il colle ci siamo infilati in una vallata con la neve alta sopra le ginocchia, dove era più comodo camminare con le ciaspole che senza, ma nonostante le quali faticammo molto a portarci all'attacco della via per la cresta.
In sintesi, impiegammo tre ore per uscire da quel “pantano”, cotti, stracotti e sudati e cercammo di proseguire ancora per un lungo tratto quando certi che non saremmo riusciti ad arrivare in cima prima del tardo pomeriggio decidemmo, nostro malgrado, di rinunciare e tornare indietro a Chamoix.
Fu per me l'inizio di una enorme, continua e pubblica presa per il culo. Io e le mie teorie del cazzo sulle ascensioni, io e il mio ottimismo, io e la mancanza di fiducia verso i compagni, io e la capacità di stravedere vie e sentieri che non esistono, io e la mia teoria di minchia del camminare sulla neve, io e .......neanche il pranzo da me offerto, come tentativo di riconquistare i compagni fu capace di smorzare l'ilarità con cui Johnny e Mimmo si prendevano gioco del “Bonatti della Terronia”....con tutto il rispetto per l'incommensurabile Bonatti!!! Non raggiungemmo la cima ma fu lo stesso una bella giornata!

Delle mie poche uscite fatte con Mimmo porto un piacevole ricordo: una persona sana e integra, riservata ma con cui c'era gusto a stare, appassionata di quello che faceva e determinata a raggiungere l'obiettivo, la cima.

Mimmo ha avuto questo incidente mortale il giorno 8 dicembre, festa dell'Immacolata Concezione: affido lui alla Madonna, perchè come Madre lo accolga a braccia aperte.