Una magnifica giornata di sole, la temperatura mite e la voglia di fare una gita fuori porta sono stati alla base della visita alla Villa Romana del Casale di Piazza Armerina.
La Villa, in perenne stato di restauro (finiranno mai?) è spettacolare: i mosaici sono stupendi, alcuni disegni sono quanto mai attuali (quando è stato inventato il bikini?....già esisteva ai tempi dei romani!!!), gli spazi sono enormi.
Non andavo alla Villa del Casale da almeno dieci anni, ma ricordo bene le visite precedenti, quasi tutte da accompagnatore ad amici o parenti in vacanza in Sicilia.
Le aree visitabili sono pressappoco 1/5 degli spazi attuali, ma i restauri e l’inaccessibilità di alcune zone rendono la visita piuttosto celere.
Ho portato con me la mia famiglia, e per i miei figli in particolare è stato uno spettacolo enorme: quasi tutte le domande che ci hanno posto erano concentrate su come si fa un mosaico e come li abbiano scoperti dopo tanti secoli trascorsi. Soddisfatte le richieste e fatte alcune foto alle meraviglie viste abbiamo continuato la gita fuori porta facendo un picnic nella vicina riserva naturale “Rossomanno-Grottascura-Bellia”, un bosco di 20kmq con ampie distese di eucalipti, acacie, pini, cipressi e un folto sottobosco ricco di muschi, licheni, fiori di campo e funghi di ogni specie. Ci siamo limitati a sostare nell’area attrezzata e approcciare una breve passeggiata post pranzo, ma la zona merita di essere goduta nei dettagli e offre anche possibilità di percorsi per trekking e mountain bike.
martedì 25 gennaio 2011
domenica 2 gennaio 2011
Volo d'Aliante
Nei giorni scorsi ho letto un libro, dal titolo “Volo d’Aliante”, scritto da Claudio Boldrin, un consulente informatico morto lo scorso anno di tumore.
Claudio era un mio vicino di casa.
Claudio era soprattutto un marito che amava molto sua moglie Antonella e le sue figlie piccole, Elisa e Giulia.
Il libro mi è stato donato direttamente da Antonella, che dopo mesi di “corteggiamento” da parte di mia moglie, ha accettato di trascorrere qualche ora a casa nostra per una merenda pomeridiana.
Così, domenica scorsa, giornata grigia e piovosa della pianura milanese, dopo esserci incontrati alla S. Messa e aver fissato l’appuntamento, Antonella Elisa e Giulia sono venute a trovarci.
Di Claudio, della sua famiglia e della sua storia, mi sono “accorto” un giorno di due anni fa quando un mio coinquilino con cui stavo tranquillamente chiacchierando in cortile, vedendo Claudio uscire dal portone, con un passo poco certo e un portamento alquanto piegato mi disse: “Ha solo 40 anni ed è malato di tumore. Che sfiga a quell’età…..con una moglie giovane e due bimbe piccole. Che vita di merda!!”.
Rimasi assai scioccato da quelle poche parole e dal vedere quel giovane uomo, dal fisico possente e statuario muoversi con tanta fatica.
Non fui in grado di ribattere con una risposta di senso compiuto, ma ero certo che nulla avviene per caso e che un senso, anche se a noi misterioso, c’è.
Da allora, la famiglia di Claudio, finora a me “sconosciuta”, è entrata e fare parte della “mia” storia sebbene non ci sia stato mai un contatto diretto.
In quello stesso periodo vivevo un’angoscia personale legato alla malattia di una mia cara amica, Daniela, giovane donna madre di tre bimbi, anche lei malata di tumore e purtroppo morta a febbraio del 2009. In questo caso, la malattia è divenuta occasione per conoscere meglio chi realmente fosse Daniela, collega di lavoro con cui ho condiviso per due anni la quotidianità dell’ufficio. L’affezione è cresciuta sempre di più, il dolore che stava vivendo e la paura di un futuro non roseo, sono stati in qualche modo condivisi e la preghiera è diventata lo strumento con cui io ho cercato di partecipare alla sua via crucis.
Con Claudio non avevo rapporti diretti ma anche lui mi “apparteneva”.
Quando Antonella mi consegnò il libro scritto da Claudio le promisi che l’avrei letto al più presto, in realtà già dalla sera successiva, per via della curiosità di sapere quale fosse il contenuto, lo lessi con avidità, tanto da finirlo in due giorni.
Volo d’Aliante è un libro scritto in maniera semplice da un uomo che aveva il desiderio di raccontare la sua esperienza, mettere a comune le sue angosce, il suo percorso sanitario, le gioie di momenti riscoperti con la malattia e, forse, purtroppo in passato trascurati.
Non nascondo che a volte ho fatto fatica ad andare avanti, perché collegavo la persona con il dolore fisico e psicologico che stava sopportando, la solitudine che provava nei lunghi giorni trascorsi presso l’Istituto Oncologico Europeo.
Ma ho continuato la lettura perché nelle poche occasioni che ho incrociato Antonella in cortile o alla Messa, e soprattutto domenica scorsa a casa nostra, vedevo degli occhi sereni e lieti. Il volto e le parole mostrano una donna che vive un dolore straziante, una croce, ma i suoi occhi dicono di una serenità e di una gioia che non può derivare da capacità umana.
Da dove deriva non lo so, posso immaginarlo, di sicuro non l’ho chiesto e forse, prima o poi, avrò il coraggio di chiederlo, se non dovesse emergere la risposta.
Quando ho finito di leggere il libro avevo le lacrime agli occhi, ma ero contento di averlo ricevuto. Attraverso la lettura ho avuto modo di conoscere una persona, Claudio, con cui non ho avuto modo di scambiare due parole in vita, e ora lo conosco nel suo intimo, nelle sue passioni, nelle sue gioie, nei suoi progetti futuri, nelle sue paure, nel suo dolore più interiore.
Due cose mi hanno particolarmente colpito.
Una è riportata nel paragrafo “Nothing Impossible”, quando parlando a 4 occhi alla malattia scrive:
<<”…..Io ora non so come andrà a finire, ma sappi una cosa, perché te la dico a voce alta, forte e decisa: sarà una lunga ed estenuante lotta, una partita a scacchi con un nemico infame. Una partita a scacchi dove io confido ancora di darti il matto, nemico infame e sai perché? Perché non gioco da solo, IO, …..perchè al mio fianco, per consigliarmi e supportarmi, ci sono:…….”>> e elenca una serie lunga di parenti, amici e colleghi che gli sono stati al fianco durante gli anni di malattia.
La seconda è nel paragrafo “Che sarà della mia vita chi lo sa”, quando riportando un dialogo con una figlia:
<<”…Ma papà, quando io sarò grande ed avrò un bimbo tu ci sarai?” Groppo in gola: “si Giulia voglio spingere il tuo bimbo”, prima risposta. Seconda risposta: “Giulia lo spero, sarebbe bello per me, ma qui sai si può andare in cielo da un momento all’altro. Per questo papà vi dice sempre di stare attente, super attente quando attraversate la strada: siete troppo distratte bimbe.”….>>
Claudio era un mio vicino di casa.
Claudio era soprattutto un marito che amava molto sua moglie Antonella e le sue figlie piccole, Elisa e Giulia.
Il libro mi è stato donato direttamente da Antonella, che dopo mesi di “corteggiamento” da parte di mia moglie, ha accettato di trascorrere qualche ora a casa nostra per una merenda pomeridiana.
Così, domenica scorsa, giornata grigia e piovosa della pianura milanese, dopo esserci incontrati alla S. Messa e aver fissato l’appuntamento, Antonella Elisa e Giulia sono venute a trovarci.
Di Claudio, della sua famiglia e della sua storia, mi sono “accorto” un giorno di due anni fa quando un mio coinquilino con cui stavo tranquillamente chiacchierando in cortile, vedendo Claudio uscire dal portone, con un passo poco certo e un portamento alquanto piegato mi disse: “Ha solo 40 anni ed è malato di tumore. Che sfiga a quell’età…..con una moglie giovane e due bimbe piccole. Che vita di merda!!”.
Rimasi assai scioccato da quelle poche parole e dal vedere quel giovane uomo, dal fisico possente e statuario muoversi con tanta fatica.
Non fui in grado di ribattere con una risposta di senso compiuto, ma ero certo che nulla avviene per caso e che un senso, anche se a noi misterioso, c’è.
Da allora, la famiglia di Claudio, finora a me “sconosciuta”, è entrata e fare parte della “mia” storia sebbene non ci sia stato mai un contatto diretto.
In quello stesso periodo vivevo un’angoscia personale legato alla malattia di una mia cara amica, Daniela, giovane donna madre di tre bimbi, anche lei malata di tumore e purtroppo morta a febbraio del 2009. In questo caso, la malattia è divenuta occasione per conoscere meglio chi realmente fosse Daniela, collega di lavoro con cui ho condiviso per due anni la quotidianità dell’ufficio. L’affezione è cresciuta sempre di più, il dolore che stava vivendo e la paura di un futuro non roseo, sono stati in qualche modo condivisi e la preghiera è diventata lo strumento con cui io ho cercato di partecipare alla sua via crucis.
Con Claudio non avevo rapporti diretti ma anche lui mi “apparteneva”.
Quando Antonella mi consegnò il libro scritto da Claudio le promisi che l’avrei letto al più presto, in realtà già dalla sera successiva, per via della curiosità di sapere quale fosse il contenuto, lo lessi con avidità, tanto da finirlo in due giorni.
Volo d’Aliante è un libro scritto in maniera semplice da un uomo che aveva il desiderio di raccontare la sua esperienza, mettere a comune le sue angosce, il suo percorso sanitario, le gioie di momenti riscoperti con la malattia e, forse, purtroppo in passato trascurati.
Non nascondo che a volte ho fatto fatica ad andare avanti, perché collegavo la persona con il dolore fisico e psicologico che stava sopportando, la solitudine che provava nei lunghi giorni trascorsi presso l’Istituto Oncologico Europeo.
Ma ho continuato la lettura perché nelle poche occasioni che ho incrociato Antonella in cortile o alla Messa, e soprattutto domenica scorsa a casa nostra, vedevo degli occhi sereni e lieti. Il volto e le parole mostrano una donna che vive un dolore straziante, una croce, ma i suoi occhi dicono di una serenità e di una gioia che non può derivare da capacità umana.
Da dove deriva non lo so, posso immaginarlo, di sicuro non l’ho chiesto e forse, prima o poi, avrò il coraggio di chiederlo, se non dovesse emergere la risposta.
Quando ho finito di leggere il libro avevo le lacrime agli occhi, ma ero contento di averlo ricevuto. Attraverso la lettura ho avuto modo di conoscere una persona, Claudio, con cui non ho avuto modo di scambiare due parole in vita, e ora lo conosco nel suo intimo, nelle sue passioni, nelle sue gioie, nei suoi progetti futuri, nelle sue paure, nel suo dolore più interiore.
Due cose mi hanno particolarmente colpito.
Una è riportata nel paragrafo “Nothing Impossible”, quando parlando a 4 occhi alla malattia scrive:
<<”…..Io ora non so come andrà a finire, ma sappi una cosa, perché te la dico a voce alta, forte e decisa: sarà una lunga ed estenuante lotta, una partita a scacchi con un nemico infame. Una partita a scacchi dove io confido ancora di darti il matto, nemico infame e sai perché? Perché non gioco da solo, IO, …..perchè al mio fianco, per consigliarmi e supportarmi, ci sono:…….”>> e elenca una serie lunga di parenti, amici e colleghi che gli sono stati al fianco durante gli anni di malattia.
La seconda è nel paragrafo “Che sarà della mia vita chi lo sa”, quando riportando un dialogo con una figlia:
<<”…Ma papà, quando io sarò grande ed avrò un bimbo tu ci sarai?” Groppo in gola: “si Giulia voglio spingere il tuo bimbo”, prima risposta. Seconda risposta: “Giulia lo spero, sarebbe bello per me, ma qui sai si può andare in cielo da un momento all’altro. Per questo papà vi dice sempre di stare attente, super attente quando attraversate la strada: siete troppo distratte bimbe.”….>>
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